Pd e tasse, il partito si divide sull’evasione di sopravvivenza

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ROMA — «La pressione fiscale è insostenibile e c’è una connessione stretta tra questa, la spesa ed il sommerso. Sì, in Italia c’è anche un’evasione di sopravvivenza. Ci sono ragioni profonde che spingono molti soggetti a comportamenti di cui farebbero a meno». Stefano Fassina, viceministro dell’Economia del Pd, durante un convegno della Confcommercio, non fa in tempo a spiegare che con questo non vuol certo «strizzare l’occhio» a qualcuno, né essere «ambiguo» nella lotta all’evasione, che a sinistra, e non solo, si scatena il putiferio.

Un attimo dopo le dichiarazioni del viceministro arriva la bordata del segretario Cgil, Susanna Camusso, che l’accusa «non solo di una battuta infelice, ma di un drammatico errore politico». Giusto un secondo dopo arriva il «benvenuto tra noi» rivolto a Fassina dal capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta. E, a seguire, la richiesta del segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, delle dimissioni: «Sul Fisco dicono cose diverse, o lui o Letta si dimettano».

Nel Pd Matteo Colaninno, successore di Fassina come responsabile economico del partito, si sforza di ricordare che «la lealtà fiscale è una battaglia di civiltà». Mentre lui, il viceministro, glissa e cerca di minimizzare il caso, capace di appannare e far passare in secondo piano le buone notizie sull’andamento dell’economia e dei conti pubblici comunicate ieri stesso dal premier Enrico Letta e dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, in Parlamento.

Notizie positive, forse le prime improntate all’ottimismo sulla situazione economica rese da un ministro in Parlamento da parecchi anni a questa parte. La ripresa è prevista per la fine di quest’anno, con il Pil del 2014 stimato in crescita dello 0,7%. L’andamento dei conti pubblici è stato finora in linea con le previsioni, ma dalle entrate arrivano nuovi segnali positivi. L’autoliquidazione delle tasse a giugno ha portato 3 miliardi in più, ma soprattutto sembra esserci un’inversione di tendenza per l’Iva. Dopo una flessione nei primi cinque mesi, le imposte indirette a giugno sono cresciute dello 0,3% e secondo Saccomanni il gettito dell’Iva sarebbe aumentato anche a luglio.

Il che non consente, comunque, di allentare la guardia. «Un’attenta gestione delle finanze pubbliche è indispensabile per contenere i tassi e creare condizioni favorevoli alla crescita. Ed eventuali interventi di sostegno all’economia — ha detto Saccomanni in Senato — potranno essere attuati solo a saldi invariati», quindi individuando pure le coperture.

Lo stesso messaggio ripetuto poco dopo dal premier nel «Question time» alla Camera. «Bisogna continuare sulla linea del rigore, pur sapendo che è una frase che non fa guadagnare consensi. I conti devono continuare a essere in ordine perché questo ci permetterà di avere qualche flessibilità in più sul bilancio nel 2014. Non è rigore o austerità cieca, quella è sbagliata» ha aggiunto il premier, confermando il piano allo studio dell’esecutivo per abbattere il debito con la valorizzazione e la dismissione degli immobili e delle partecipazioni dello Stato e degli enti locali «senza ripetere gli errori del passato sulle privatizzazioni».

La tenuta dei conti è positiva, ha detto Letta, ma l’imperativo è la crescita, da sempre «una fatica strutturale» per l’Italia. Crescita e rigore sono imprescindibili anche per Saccomanni, secondo il quale bisognerà procedere prioritariamente nella riduzione della pressione fiscale complessiva e nella redistribuzione del carico fiscale per favorire il lavoro e le imprese, ma sempre entro i limiti del bilancio. «La riduzione delle tasse è un obiettivo da perseguire con tenacia ma in un orizzonte temporale di anni, e non di mesi» ha detto Saccomanni ricordando che il taglio potrà avvenire recuperando l’evasione fiscale e razionalizzando il regime delle esenzioni fiscali, troppo esteso e «distorsivo». Quanto all’Imu, argomento su cui il premier ha evitato di rispondere alla Camera, Saccomanni ha detto di attendere le proposte dei partiti. Ma che dal suo punto di vista occorrerebbe quanto meno eliminare l’asimmetria sui redditi degli immobili locati (soggetti ad Irpef) e di quelli a disposizione (esclusi, e dunque avvantaggiati).

Da Saccomanni sono poi arrivati due segnali di apertura alle richieste delle imprese, da concretizzare se ci fossero i margini nel bilancio. La possibilità di rafforzare il regime fiscale che premia la capitalizzazione (il cosiddetto Ace), e di alleggerire il trattamento fiscale della svalutazione dei crediti delle banche, cioè delle sofferenze, penalizzante rispetto ad altri Paesi. Ed un nuovo invito a non mollare sulla lotta all’evasione e al sommerso, che Confcommercio ha stimato in 272 miliardi di euro, il 17,4% del prodotto interno lordo. Il che porta la pressione fiscale dal dato ufficiale del 44,6% ad un peso reale sull’economia italiana del 54% del Pil. «Incompatibile — secondo il presidente Carlo Sangalli — con qualsiasi concreta prospettiva di ripresa».

Mario Sensini


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