Lo stop di Palazzo Chigi al fuoco amico
ROMA — Enrico Letta non ha alcuna voglia di farsi logorare, restando prigioniero di uno «stato di precarietà permanente». Non incasserà in silenzio le bordate del fuoco amico, ma proverà a muoversi da protagonista anche nella battaglia politica e di partito. La svolta è questa, è il tentativo di ribaltare in positivo «l’inaudita vicenda» che ha rischiato di far saltare il governo. Mercoledì il premier parlerà ai gruppi del Pd, che resta scosso da fortissime tensioni e con il quale deve ricucire in fretta. E il 31 luglio, se la data verrà confermata, ha in programma di incrociare Renzi alla direzione nazionale del Pd.
I rischi più grandi per le larghe intese, Letta ne ha avuto prova ieri, arrivano dal suo partito. Palazzo Chigi non conferma, ma neppure smentisce, l’ipotesi di un rimpasto in autunno, ma Epifani ha detto con chiarezza che il governo avrebbe bisogno di un «tagliando». E non solo. L’affondo del capogruppo Zanda contro Alfano lo ha sorpreso e ferito: perché chiedergli di lasciare uno dei suoi tre incarichi? Proprio nel giorno in cui il premier ci mette la faccia per salvarlo dalla mozione di sfiducia, assicurando che Angelino «è estraneo alla vicenda» e che sulle sue spalle non ricade alcuna responsabilità oggettiva… Senza contare il malumore di Anna Finocchiaro e il fatto che molti senatori hanno parlato di una giornata «triste». E poi c’è Renzi, del quale si sarebbe parlato con disagio anche a margine del Consiglio dei ministri. In Aula ovviamente il premier non lo nomina mai eppure in tanti, nel Pd, riconducono al sindaco diversi passaggi dell’intervento di Letta. Quando respinge quel «rumore di sottofondo troppo alto, troppo viscerale, troppo strumentale», alzato da quanti vanno a caccia solo di «titoli» o «bandierine». E soprattutto quando risponde all’accusa di vivacchiare, avanzando a piccoli passi: «Chi vuole logorare il governo parla di rinvii, io parlo di serietà». Casini commenta che «Letta, da buon democristiano, fa bene a navigare sott’acqua come un sommergibile, tirando ogni tanto fuori gli attributi…». Per il capo dell’esecutivo è stata una giornata importante che lo ha lasciato «molto soddisfatto», determinato a rilanciare l’agenda del governo. La prossima mossa? Un provvedimento (fuori programma) sull’autoriciclaggio. Giornata iniziata bene, con la lettura dell’Economist che lo ritrae in maniche di camicia intento a portare avanti la sua «ambiziosa agenda» — pur tra luci e ombre — e finita ancor meglio, con un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo su Alfano.
Con una botta di orgoglio che spiazza i senatori e ricompatta l’irrequieta maggioranza, Letta chiede ai partiti «un nuovo atto di fiducia nel suo governo» e strappa una vittoria che rimette in moto il convoglio delle larghe intese. Scongiura la sfiducia individuale contro Alfano, sgombra il campo «dall’imbarazzo e dal discredito» per la «intollerabile» espulsione della Shalabayeva e chiude la crisi italo-kazaka, almeno al livello della politica interna: «Il governo non sapeva, la linea è stata quella della totale trasparenza». Sul resto promette che non mollerà la presa, perché nel caso della moglie del dissidente «ci sono fatti che ci lasciano attoniti». L’ambasciatore del Kazakistan? «Un comportamento inaudito».
Già dal tono della voce con cui alle 10.37 prende la parola si capisce che si è stufato di incassare colpi. E quando chiude, strappando la standing ovation dei partiti che lo sostengono, lo fa con parole che suonano nuove: «Non vorrei che su di me si commettesse un errore di valutazione. Non vorrei cioè che la buona educazione venisse scambiata per debolezza». Un avvertimento che lui riconosce come inusuale: «In un tempo nel quale paiono vincere urla e insulti, voglio dire ai senatori e agli italiani di avere piena fiducia nella mia determinazione, nella mia resistenza, nella mia totale dedizione… Non ho alcuna intenzione di deludere. E non vi deluderò».
È una promessa agli elettori, ma è anche un messaggio chiaro alle forze politiche, che esorta a non cedere «al tic del complotto, allo strepitio smanioso, al sospetto, alle dietrologie, al mito del nemico brutto sporco e cattivo, nascosto dentro ogni avversario politico». I problemi sono tanti, ma Letta è fiducioso e sente che l’asse con un alcuni ministri, come Emma Bonino, lo sosterrà.
Con Renzi, sottotraccia, la guerra si combatte anche a colpi di sondaggi. Quelli commissionati da Palazzo Chigi lo danno avanti di quattro punti (62 a 58) nel gradimento degli italiani, dai quali nelle prossime settimane Letta si farà vedere più spesso. Come ha fatto ieri collegandosi con l’astronauta Luca Parmitano, lanciato nello spazio: «Lei è un grandissimo titolo di orgoglio nazionale…».
Monica Guerzoni
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