by Sergio Segio | 12 Luglio 2013 8:06
Guardo con più attenzione. Quanta complessità strutturale in un cosino da niente, nemmeno lo vedresti se non si muovesse sul foglio bianco su cui cade la luce del lume. Si muove indeciso tra le parole stampate come uno che non sa dove andare. Ha le ali, per un momento le ha aperte, due alucce nere, poi le ha chiuse e ha ripreso a camminare sulla pagina che sto leggendo con quell’andatura da vecchietto.
Vediamo cosa fa. La pagina su cui cammina deve essere per lui come una grande piazza, e le parole, quei segni neri, chissà forse strade e stradine tortuose. Gli pianto davanti come un ostacolo la punta della matita. Si ferma perplesso a guardare la cosa enorme che all’improvviso gli si è parata davanti, poi cambia direzione, e così fa più volte secondo il mio capriccio. Quanta pazienza e quanta rassegnazione ci vogliono da parte sua, mantenersi in vita è complicato.
Si può provare simpatia per un moscerino? Penso alla sua estrema piccolezza e la metto in rapporto con la grandezza del salotto in cui sto leggendo, forse è questo che ha destato la mia simpatia. Ma il puntolino nero provvisto di zampette e di ali nulla può sapere del salotto, dei quadri appesi alle pareti, delle librerie. E però su questo rapporto tra la sua piccolezza e la grandezza del salotto comincia il gioco della mia fantasia e mi distrae dalla lettura.
Stavo leggendo un libro di Conrad appena uscito, un libro intitolato Il caso pubblicato da Adelphi, incuriosito dal titolo, perché pur amando Conrad e conoscendo la sua bibliografia, non ricordavo un titolo simile nell’elenco delle sue opere. E mi ero fermato su una frase che mi era sembrata strana perché messa lì, quasi al di fuori del contesto, come un pensiero che improvvisamente si presenta. La frase era questa: «Era una di quelle notti di rugiada, limpide e piene di stelle, che ci opprimono lo spirito e soggiogano la nostra superbia con la luminosa evidenza della tremenda solitudine, della irrimediabile, oscura insignificanza del nostro pianeta, perso nella splendida rivelazione di uno sfavillante universo senza anima».
E adesso ecco che, non so come, partendo da questa frase, penso al rapporto tra il minuscolo insetto che il caso ha portato sulla pagina che sto leggendo e il salotto dove mi trovo. Questo salotto è un mondo che lui non sa che esiste, e invece esiste, e da questo mondo io lo guardo. Lui non sa che io lo guardo e non può sapere che mentre lo guardo all’improvviso il mio punto di vista e le mie prospettive cambiano, la situazione si capovolge, e io penso a me stesso come a un puntolino nero nell’universo e a tutte le cose che ci sono e che non so. Insomma io mi trasformo nel minuscolo insetto e volo in un’altra dimensione in cui le cose non sono più riconoscibili ma sono totalmente inimmaginabili, così come per questo insettino sono inimmaginabili i mobili del salotto, i quadri, le opere complete di Shakespeare, e tutto il resto. È un universo similmente sconosciuto quello in cui anch’io mi trovo per caso, come lui nel mio salotto. Penso al moto incessante dei pianeti che girano e rigirano nelle loro orbite, al silenzio immenso che avvolge i loro eterni ritorni, al silenzio incredibile in cui tutto si svolge. Nessuna «musica delle sfere», quella è una metafora creata dalla mente umana, e allude alla perfezione, alla matematica armonia del moto dei corpi celesti. La realtà vera, li fuori di noi, è il silenzio. Un silenzio abissale, che ci esclude, che non possiamo immaginare. Possiamo immaginare una grande fabbrica silenziosa? Senza il minimo rumore?
Quante cose che non possiamo immaginare ci sono nella grande fabbrica universale! Non parlo di fantascienza, che è combinazione arbitraria, a volte mostruosa a volte ridicola, di cose già conosciute. Parlo invece di qualcosa di magnifico e spirituale che va ben oltre la fantascienza, che sta a me come a questo insettino lo Shakespeare che è lì nella libreria del mio salotto. Quante mai cose ci sono che io come l’insettino non so e mai saprò! E magari ci fosse, tra tutte le cose ignote e inconcepibili, nel silenzio dell’universo un occhio che mi guarda curioso e benevolo, come il mio che guarda il nero minuscolo insetto portato dal caso sulla pagina del libro che sto leggendo!
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