Letta ai ministri: squadra unita la speculazione torna a colpire

by Sergio Segio | 13 Luglio 2013 8:22

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ROMA — Un consiglio dei ministri tra i più brevi della legislatura, durato meno di tre quarti d’ora, ha sancito la tregua tra i partiti di maggioranza. Chi si aspettava da Enrico Letta una introduzione politica, un monito o un avvertimento sulla tenuta del governo, è rimasto spiazzato. «Io l’ho visto serio, consapevole e collaborativo — conferma il responsabile delle Riforme, Gaetano Quagliariello — ma non gli ho sentito dire una parola sulla situazione politica…».

Il Pd è in rivolta e i falchi del Pdl non molleranno facilmente la presa, ma il premier tira dritto. «Io sono un diesel e vado avanti», è solito ripetere ai membri della sua squadra. Preoccupato? Se pure lo fosse non lo darebbe a vedere, tanto che oggi e domani si concederà due giorni di riposo in famiglia.

Se il premier ostenta una tranquillità assoluta, è per rimarcare il messaggio che più gli sta a cuore: «Io sto sui dossier, faccio le cose che servono al Paese. Non mi occupo di polemiche politiche». Un atteggiamento che ha sorpreso i ministri, tanto che qualcuno si è ritrovato a scherzare sui «nervi d’acciaio» del capo del governo. «Si è comportato come se fosse tutto normale… È chiaro che vuole anestetizzare la situazione», racconta un ministro.

La situazione, è evidente a tutti, di normale ha ben poco. Con lo spread tra btp italiani e bund tedeschi che ha superato i 300 punti, a Palazzo Chigi torna a suonare l’allarme sulla reazione dei mercati. Il rischio di una nuova aggressione speculativa esiste. E se giorni fa Letta riteneva che il problema fosse limitato a Portogallo e Spagna, ora non esclude che il quadro politico italiano possa finire per ripercuotersi sulla situazione economica.

«La solidità della maggioranza e del governo è la carta migliore per scongiurare che la speculazione finanziaria torni ad attaccare l’Italia» ragionano a Palazzo Chigi, dove ritengono che le larghe intese restino «l’unica soluzione possibile». La strategia di Letta dunque non cambia. Sul fronte economico la priorità è rispettare gli impegni di bilancio assunti in Europa, nell’attesa di poter sfruttare dopo l’estate, con la legge di stabilità, quei margini di flessibilità che l’uscita dalla procedura di infrazione ci ha concesso. Se lo spread tornerà a scendere sotto i 300 punti, l’Italia potrà spendere qualche miliardo in meno sugli interessi del debito pubblico, una boccata di ossigeno che è la migliore polizza di assicurazione sulla vita del governo.

Certo, al premier non sfugge che la situazione politica sia «molto difficile» e che la febbre antigovernativa possa tornare a salire da un momento all’altro da qui al 30 luglio, quando i giudici dovranno decidere del destino politico dell’ex presidente del Consiglio. Ma Letta è convinto che l’unica medicina sia «lavorare, lavorare, lavorare», anche perché altri miracolistici toccasana non ne esistono. Chi parla di salvacondotti per Berlusconi e tira in ballo il premier, spiegano a Palazzo Chigi, non ha capito il personaggio. Letta non intende entrare nelle vicende giudiziarie del Cavaliere. E se Napolitano ritiene «irresponsabile» disquisire di grazia per Berlusconi, nello staff del capo del governo ricordano come la materia sia di esclusiva competenza del Quirinale.

È alle riforme che Letta ha legato il suo governo e la giornata di ieri vuole esserne conferma. Il consiglio dei ministri ha varato l’autorità dei trasporti, lanciato un progetto per attrarre investimenti in Italia, approvato una lunga serie di nomine e consegnato al Parlamento il decreto legge sulla filiazione. Anche se il provvedimento era stato impostato da Monti, il premier esulta su Twitter: «Non più naturali,adottivi o legittimi. Finalmente, solo figli. Senza tutte le discriminazioni finora possibili».

Monica Guerzoni

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