Le Larghe Intese contro la Cassazione

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Voti a favore, voti contro, astenuti, assenti. Un caos. Sono renziani, soprattutto, ma anche prodiani come Zampa e Gozi, oltre a qualche outsider (Pippo Civati).

EROMPONO la disciplina del gruppo, come è avvenuto in altre occasioni. Nel partito la tensione è alle stelle per quel voto che sembra schierare la maggioranza di larghe intese – Pd, Pdl e Scelta Civica – contro la corte di Cassazione. La maggioranza accusa invece i renziani di aver sfruttato una facile vetrina per lucrare consensi. Lo stesso segretario, Guglielmo Epifani, è costretto ad alzare la voce contro il Pdl, consapevole che il suo partito non può reggere a lungo la fibrillazione provocata dai berlusconiani: «A furia di tirare, la corda si può spezzare».
Intanto la rivolta nel gruppo democrat sfocia in dichiarazioni pubbliche. «Mi sono attenuta all’ordine di scuderia — dice ad esempio la renziana Simona Bonafè — ma il sì alla sospensione è stato un clamoroso autogol ». Khalid Chaouki, pur avendo votato, attacca: «È sembrato che ci prestassimo a una decisione che conviene a Berlusconi. Dovevamo gestirla meglio». Dario Nardella, renziano, si dice basito: «Ma che sospendiamo i lavori per una cosa del genere? Assurdo». Su Twitter confessa la sua disobbedienza Paolo Gentiloni: «La Camera sospende lavori fino per protesta contro la Cassazione. Un precedente grave. Io non ho capito e non ho votato ». Sempre con un tweet si sfoga Roberto Giachetti, un altro renziano: «Non sapendo più cosa rinviare abbiamo rinviato l’Aula». È un diluvio di parole che investe la dirigenza dei gruppi parlamentari, mentre il sindaco di Firenze resta in silenzio. Ma la regia della giornata non prevede assemblee che potrebbero trasformarsi in processi pubblici. Franceschini, Letta ed Epifani discutono a lungo della questione. Poi, insieme al capogruppo Speranza, si decide di non regalare una vetrina ai dissidenti. I renziani mettono sotto accusa proprio il capogruppo Speranza. Una nota firmata da una decina di deputati vicini al sindaco di Firenze critica «la gestione del voto» perché sarebbe stata «incomprensibile ». «Nessuno», dicono, «è stato informato, nessuno ha capito cosa è successo. È urgente che il gruppo si riunisca per capire se ci sono responsabilità e se i meccanismi decisionali sono efficaci oppure vadano ridiscussi ». La prossima settimana l’assemblea si farà. «Ma non perché l’hanno chiesta loro — fanno presente dalla presidenza — era già stata convocata».
A spargere sale sulle ferite ci si mette anche il Movimento 5 Stelle che in aula si scaglia con violenza contro il Pd. Quando i grillini al grido di «buffoni! servi! schiavi!» si avvicinano ai banchi democratici, Piero Martino (secco ma alto) e Nico Stumpo (massiccio e minaccioso) scendono come delle furie per affrontarli. Solo l’intervento dei commessi riesce a evitare il contatto fisico. Speranza difende la decisione del Pd. Sostiene che, a fronte della richiesta di uno stop di tre giorni, al Pdl è stata concesso solo il rinvio di un pomeriggio. Per questo, aggiunge il capogruppo, «la volgare strumentalizzazione seguita da parte del M5S è frutto di un nervosismo ormai fuori controllo, conseguenza di una inesorabile perdita di consensi e di credibilità nel Paese e nell’opinione pubblica. Non consentiremo a chi punta solo allo sfascio delle istituzioni di prevalere».


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