La Ue potrebbe chiederci in autunno una manovrina per non sforare il 3%
BRUXELLES. MALGRADO l’ultimo declassamento di Standard & Poor’s, la temperatura sui mercati per l’Italia non sta salendo per ora
ai livelli delle ultime estati.
ANCHE così però le vacanze di Fabrizio Saccomanni non si presentano rilassanti: il ministro dell’Economia sa bene che lo aspetta un autunno difficile nei suoi rapporti con Bruxelles.
Le nuove regole di bilancio europee, le condizioni a cui l’Italia è emersa (per ora) dalla procedura Ue per deficit eccessivo, la continua recessione e la nebbia sulle coperture ai rinvii per Imu e aumento Iva: troppi fattori minacciano un’altra stagione di trappole, sul piano politico e dei conti pubblici. Una di queste, già visibile nei radar sia a Roma che a Bruxelles, è l’ipotesi di una manovra di bilancio. Magari non di grandi dimensioni. Ma pur sempre una correzione in corso d’anno, per garantire anche quest’anno all’Italia un disavanzo entro il 3% del prodotto lordo e escludere il rischio delle sanzioni del nuovo Patto di stabilità Ue.
Niente di tutto questo è già deciso, o scontato. La parte del calendario più fitta di appuntamenti arriverà fra ottobre e novembre, ma la successione degli eventi è chiara a chi segue da vicino le vicende della finanza pubblica italiana. Da quest’anno infatti il “Two Pack” e il “Six Pack”, gli strani nomi delle nuove regole europee, sono entrambi in vigore. Il “Two pack” (“pacchetto di due”) prevede che entro metà ottobre l’Italia, come gli altri paesi, presenti alla Commissione europea la propria bozza di finanziaria per il 2014. I tecnici di Bruxelles esamineranno il provvedimento e entro un mese manderanno all’Eurogruppo, che riunisce i ministri finanziari, la loro “opinione” in proposito.
Sarà più di un passaggio procedurale. In quel mese, Bruxelles formulerà un giudizio sia sulla qualità che sui saldi del bilancio italiano. In primo luogo si tratterà di vedere se segue le raccomandazioni dell’Eurogruppo, che suggeriscono di non detassare gli immobili bensì il lavoro e le imprese, riducendo la spesa pubblica. Poi verrà la parte legata alle condizioni con cui l’Italia (solo da pochi giorni) è riuscita a uscire dopo anni dalla procedura per deficit eccessivo. Restare sotto il 3% è un vantaggio non solo simbolico: chi rientra in quel limite ha un po’ di spazio in più per investimenti con fondi nazionali e europei.
Anche per questo all’Eurogruppo l’Italia si è impegnata con una “clausola di salvaguardia” a intervenire in corso d’anno se il deficit 2013 minaccia di tornare sopra al 3% del Pil. Non è un’ipotesi puramente di scuola. Già in primavera il Tesoro e la Commissione prevedevano un disavanzo italiano sul filo del 3 per cento, sulla base di previsioni per l’economia meno negative di quanto sta emergendo nella realtà. A marzo sia il governo che Bruxelles pensavano che la caduta del Pil nel 2013 sarebbe stata dell’1,3%. Adesso invece Fmi, Banca d’Italia e la stessa Standard & Poor’s segnalano che, ancora una volta, si è più vicini a una contrazione del due per cento.
Si può discutere sul senso di stime che, negli ultimi anni, vengono sempre riviste poi in peggio. Ma la conseguenza immediata è ciò che per ora
conta di più: per effetto della recessione più profonda del previsto, lo Stato in Italia potrebbe avere meno entrate e più spesa sociale. Il deficit rischia di peggiorare di circa tre decimali di punto, senza contare eventuali problemi sulle coperture per gli sconti a Imu e Iva.
In realtà sono cifre relativamente piccole: probabilmente uno sfondamento dei limiti di neanche lo 0,5%, molto meno di quanto accade in Spagna, Francia, Olanda o Portogallo. È comunque abbastanza perché la Commissione chieda una correzione in autunno. Non è uno scenario scontato perché il governo, se tutto andasse per il meglio, potrebbe risparmiare qualcosa (non molto) in interessi passivi sul debito.
Ma se l’Italia tornasse in deficit eccessivo, in base al “Six pack” la Commissione potrebbe chiedere che il governo versi un deposito infruttifero di circa tre miliardi a Bruxelles. Sarebbe il ritorno delle multe europee per chi infrange le regole di finanza pubblica.
Saccomanni in questi mesi è stato spesso a Bruxelles e conosce bene il percorso che lo attende. Non è un caso se il ministro lotta per la copertura di ogni centimetro di bilancio che i partici minacciano di disfare. Prima ancora della pausa estiva, l’autunno italiano si annuncia così pieno dei soliti calcoli al bilancino sui saldi: in fondo un triste déjà vu, che rischia ancora una volta di distrarre dall’opera paziente rafforzamento produttivo di cui il paese ha sempre più disperatamente bisogno.
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