La lobby Usa e i dati personali
Nell’intento di ridimensionare la portata dello scandalo Datagate e il crescendo quotidiano delle rivelazioni, l’ex agente afferma che «non si tratta di spionaggio a tappeto su tutti i cittadini ma di immagazzinamento di dati elettronici e telefonici da usare esclusivamente nella lotta contro il terrorismo». Le operazioni della National Security Agency, dice, «non sono indiscriminate, bensì mirate su gruppi o individui connessi al terrorismo, e soprattutto non sono dirette contro gli alleati ma anche nel loro interesse». Questa è, per così dire, la parte rassicurante, almeno fino a un certo punto, perché induce il pubblico a ritenere che, se uno non ha avuto e non ha niente a che fare con terroristi o sospetti tali, può dormire tranquillo, anzi può stare più tranquillo perché c’è un arcano potere buono e democratico che veglia su di lui. Più avanti, però, l’ex direttore della Cia a Roma ed ex responsabile del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca aggiunge: «Per quanto riguarda Internet, dico che tutti noi siamo comunque sorvegliati speciali di server come quelli di Google a scopi commerciali, non spionistici. I server sanno fin troppo di noi». Ne parla così, con l’aria di dire la cosa più normale del mondo. E, per essere più chiaro, precisa: «Ripeto, pensiamo a un qualunque server come quelli di Google: esso raccoglie ogni genere di dati su di noi, che usa poi per fare soldi, con la pubblicità o altro; ma nemmeno l’Unione Europea glielo ha vietato, gli ha solo posto dei limiti». In realtà tutto questo — cioè il fatto che le nostre «identità» vengano usate, spesso a nostra insaputa o con clausole incomprensibili, per alimentare i proventi pubblicitari di Google, che in questo modo ottiene una «profilazione» dei clienti sempre più aderente — tanto normale non è. Non lo è in nessuna parte del pianeta. E tanto meno lo è in Europa, dove qualche regola in più, a protezione della privacy, esiste. Ma proprio contro queste norme si sta mobilitando la lobby americana a Bruxelles, con l’obiettivo di condizionare la legge in discussione e di ridimensionarne l’efficacia.
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