Indagato anche l’ex numero uno Isvap Giannini

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MILANO — Deve aver pensato che la miglior difesa è l’attacco, quando per non essere accusato di non aver vigilato sulla Fonsai, la compagnia di assicurazione della famiglia Ligresti, Giancarlo Giannini, da presidente dell’Isvap, l’Authority che vigila sulle assicurazioni, ha inviato alla procura di Milano un esposto, denunciando che la società lo ostacolava nei controlli.
Un atto che si è rivelato un boomerang, perché ha prodotto l’iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Giannini per corruzione e addirittura calunnia nei confronti dei Ligresti. Sarebbe stato lo stesso patron della famiglia, Salvatore, a denunciare al pm Luigi Orsi, di aver preso a cuore la carriera di Giannini in cambio di un trattamento di favore delle sue società assicurative. Ligresti lo avrebbe aiutato “politicamente” a diventare un componente dell’organo direttivo dell’Autorità Antitrust, grazie alla sua intercessione presso l’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi e il sottosegretario Gianni Letta, mentre Giannini avrebbe sorvolato su alcune mancanze della Fonsai e delle sue controllate. È questo il cuore dell’inchiesta milanese che si fonda in gran parte sulle dichiarazioni, confermate da Ligresti, di Fulvio Gismondi, l’attuario incaricato di valutare le riserve del gruppo Fonsai.
Gismondi aveva iniziato a essere un sassolino nelle scarpe dell’Isvap di Giannini fin dal marzo 2010, quando con una relazione aveva denunciato come la Fonsai predisponeva meno riserve a fronte dei sinistri che la compagnia doveva risarcire. Un buco nei conti della compagnia che secondo la procura di Torino si attesterebbe intorno ai 538 milioni di euro. «Nella mia relazione del 16 marzo 2010, inviata all’Isvap, riportai la persistenza del fenomeno già da me denunciato l’anno precedente. Io avevo continuato le mie comunicazioni con Erbetta (Emanuele, ex ammini-stratore delegato), il quale era perfettamente a conoscenza della situazione e mi rassicurava sul fatto che il fenomeno sarebbe tornato alla normalità». Dell’argomento ne parlano anche Erbetta, e il suo predecessore nella carica di amministratore delegato, Fausto Marchionni in una telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza: «Ma Giannini gli ha detto niente?», chiede Marchionni. «No, no» risponde Erbetta. Marchionne: «Ma dell’inchiesta di Torino tu cosa pensi?». Erbetta: «Torino ha in mano le dichiarazioni di Gismondi, che anche se è vero che le ha certificate, noi lo sapevamo già che nel 2008 c’erano
500 di sottoriservazione che poi nel 2012 sono diventati 800, sotto certi punti di vista ha ragione». Una conferma che però lascia aperti altri filoni di indagini, come teme lo stesso Marchionni: «Madonna, non finisce più sta storia, speriamo che ci si ferma a queste ipotesi qua, che non salta fuori tutta la storia della parte immobiliare e della corruzione altrimenti viene fuori un casino»


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