In ordine sparso con l’incognita giudiziaria
Ma non lo fanno perché si tratta di temi davvero prioritari: almeno, non sempre. Il sospetto è che esista una sorta di sospensione generale: tutti cercano di prendere tempo in attesa del 30 luglio. Fino alla sentenza della Corte di Cassazione che dovrà confermare o meno la condanna a Silvio Berlusconi, è come se la politica girasse a vuoto.
Meglio: mette una serie di questioni in prima fila, per decidere solo in seguito se accantonarle o porle come pregiudiziali per continuare a governare insieme. In realtà, rispetto a qualche giorno fa la situazione non è cambiata. Il Pd si contorce nel dibattito precongressuale. E vede aumentare lo scontro interno. Da una parte ci sono quanti vogliono che la data sia fissata in tempi stretti; e additano come sponda il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Siamo alle minacce di occupare la sede romana di largo del Nazareno, se il segretario Guglielmo Epifani asseconderà la spinta a rinviare il congresso al prossimo anno.
Ma il timore che la competizione sul prossimo segretario diventi anche quella sulla premiership, e dunque provochi contraccolpi sul governo di Enrico Letta, non è infondato. «Il congresso si farà entro l’anno, come avevamo detto», rassicura comunque Epifani, temendo ulteriori tensioni. Ma anche su questo, probabilmente deciderà l’evoluzione della situazione. La prospettiva che possa essere la sinistra a provocare una crisi di governo, pur avendo a Palazzo Chigi un suo esponente, sarebbe un’arma formidabile nelle mani del Pdl in campagna elettorale.
Anche se neanche il partito berlusconiano può scommettere sul proprio futuro, qualunque sia il responso della magistratura. Il centrodestra ha un evidente problema di leadership. L’appoggio a Letta nasce sia dalla gravità della crisi economica, sia dall’esigenza di prendere tempo per trovare un candidato alla presidenza del Consiglio in alternativa al Cavaliere. Il brutto pasticcio della moglie e della figlia di sei anni del dissidente kazako espulse illegalmente ha indebolito Angelino Alfano; e reso più improbabile il suo delfinato pur essendo ministro dell’Interno, vicepremier e segretario del Pdl.
La storia è destinata a riservare altri capitoli inediti. Nell’immediato, tuttavia, il bersaglio colpito, anche se non affondato, è il plenipotenziario berlusconiano; e a ruota il governo. Per le opposizioni, e in primo luogo per il Movimento 5 Stelle, la vicenda è un’ottima occasione per riprendere fiato; e per martellare su un Letta accusato di inanellare rinvii. Eppure, di nuovo, la forza di Beppe Grillo non offre alternative. Il suo consigliere Gianroberto Casaleggio ha appena ripetuto che non è pensabile un’alleanza col Pd, mettendo a nudo le velleità di quanti chiedono a Epifani un esecutivo con i grillini. E si limita a prevedere un autunno incandescente di scontri sociali. Il guaio è che rischia di essere uno scenario vero, se la maggioranza rimane irretita nelle proprie contraddizioni.
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