Il Senato cancella l’arresto per stalking
ROMA — Nel giorno in cui un’altra donna è stata massacrata da chi pretendeva di amarla, invece di nuovi provvedimenti in loro difesa, sulle italiane arriva una nuova doccia fredda: gli stalker rischiano infatti di non scontare più la custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari. Il motivo? All’interno del dl carceri in commissione Giustizia al Senato è stato accolto circa dieci giorni fa da tutta la maggioranza, con parere favorevole del governo, l’emendamento che sposta il tetto per il carcere preventivo dai 4 ai 5 anni. Peccato che per gli stalker la pena prevista, salvo casi specifici, vada da sei mesi a 4 anni.
«È l’ennesima dimostrazione che le donne e la violenza su di loro non è un argomento che interessa. È un dato di fatto che nemmeno l’allontanamento dell’aggressore, dello stalker, è un provvedimento che viene preso a sufficienza, eppure è semplice. Si lascia fare, si lascia correre e si continua a lasciarle morire». Giulia Bongiorno, avvocato, ex deputato e fondatrice di Doppia difesa, associazione per le donne vittime di maltrattamenti, è drastica. Ma non è l’unica stupita e contrariata. Sono molti ora, in commissione Giustizia della Camera quelli che chiedono a gran voce di cambiare il testo del decreto anche per evitare che si compia «l’ennesimo errore». Il provvedimento, secondo il Pd, andrebbe comunque rivisto per tornare «allo spirito originario proposto dal governo».
Dopo Cristina, inseguita e uccisa a Massa Carrara, ieri un’altra donna è stata ammazzata dall’ex marito a Taurisano in provincia di Lecce. Si chiamava Erika Ciurlia, è stata punita come altre quest’anno nel nostro Paese per aver deciso di andarsene, di chiudere un rapporto, di separarsi.
Lui, Franco Capone carrozziere, 46 anni, lei 43, collaboratrice domestica, avevano vissuto assieme un quarto di secolo mettendo al mondo tre figli prima che lei, stanca di soprusi, decidesse di separarsi. Erika un paio di mesi fa era tornata a vivere, insieme alle due figlie di 25 e 5 anni, a casa dei genitori. Il figlio diciottenne, invece, era rimasto col padre e si trovava lì quando, ieri mattina, ha sentito all’improvviso i colpi di pistola. È corso al piano inferiore della villetta e ha trovato a terra i corpi dei genitori. Franco Capone era conosciuto in paese come un uomo mite, ma, quando la moglie a maggio aveva manifestato la volontà di separarsi, si era trasformato: aveva alzato la voce, aveva impugnato un’ascia davanti agli stessi poliziotti chiamati in soccorso. Erika lo aveva denunciato e nelle settimane successive poliziotti e carabinieri avevano perquisito più volte la casa dell’uomo in cerca
di armi. Nulla. Lui, davanti agli agenti, non mostrava ira. «Io la amo — ripeteva — e non posso vivere lontano dai miei figli». Fingeva calma, ma dentro preparava lucidamente la vendetta. Secondo gli inquirenti, infatti, avrebbe premeditato il delitto. Si sarebbe procurato l’arma e poi, con tono gentile per non farla sospettare di nulla, ha invitato la moglie a casa con una scusa.
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