by Sergio Segio | 5 Luglio 2013 8:16
ROMA — Lo intuisci subito, quando qualcuno si occupa di qualcosa che ama davvero: Annamaria Musotto, 28 anni e il viso dolce, accarezza con gli occhi i bastoncini, pardon, i «cannoli» di manna come se fossero creature sue, mentre racconta durante l’assemblea generale Coldiretti di ieri a Roma l’incredibile cambio di vita: «A 18 anni ho lasciato la Sicilia per studiare giurisprudenza a Milano, ho fatto la pratica da avvocato, sembrava tutto deciso. Ma c’era qualcosa che non andava. Due anni fa ho sentito che la mia terra mi chiamava, ho mollato e ho deciso di occuparmi del frassineto di famiglia a Pollina, in provincia di Palermo: ho deciso di puntare sulla manna, la resina dell’albero di frassino che, una volta essiccata al sole, si trasforma nel dolcificante più naturale e buono del mondo». È a questo punto che i suoi occhi cominciano a luccicare, e capisci che la sua scelta, per quanto assurda possa sembrare, è quella giusta: «Certo, non è facile raccogliere la manna, e infatti può costare fino a 150 euro al chilo, e basta un piccolo cambiamento dell’umidità perché il raccolto si rovini. Ma non importa se dovrò lavorare a lungo prima di guadagnarci: ora sono felice».
Ecco, Annamaria potrebbe essere il volto simbolo dell’agricoltore «figo» invocato dal ministro alle Politiche agricole Nunzia Di Girolamo. E non è l’unica. «Ho lavorato 15 anni da informatico — dice ridendo Paolo Rotoli, 37 anni —. Ma non ne potevo più: sei anni fa ho lasciato contro il parere di tutti e ho deciso di mettere su un allevamento di capre, da cui ricavo latte per formaggi, dolci, gelati, e un piccolo agriturismo con fattoria didattica. Per partire ho dovuto impiegare il Tfr e ho chiesto qualche finanziamento, perché non c’era nessuna base di famiglia. Ma andiamo benino, basta lavorare sodo: non faccio più le classiche otto ore di ufficio, sono arrivato anche a 21 ore di lavoro consecutive, ma non mi pesano». Sarà questa voglia di fare, il motivo per cui migliaia di ragazzi stanno tornando alle campagne, come rileva un aumento record del 9% delle assunzioni di giovani under 35 nei primi tre mesi del 2013? «Per me è un vizio di famiglia — dice Chiara De Miccolis, 35 anni, e una masseria vicino Fasano, in Puglia —. Mio padre a 33 anni era carabiniere quando decise di tornare in Puglia e darsi alla campagna. Io invece mi sono laureata in Economia, ho messo su uno studio di arte grafica editoriale che andava benissimo. Ma nel 2007 ho deciso di dedicarmi al lavoro che davvero mi piaceva. E adesso eccomi qui: dall’olio produco saponi e creme idratanti».
Nessun rimpianto, per questi agricoltori «di ritorno»? «Assolutamente no — assicura il presidente Coldiretti Sergio Marini —. La campagna non è più sinonimo di arretratezza: tre giovani su 4 sono infelici al lavoro e scoprono l’agricoltura». Del resto, anche il mercato chiama: secondo le stime, le esportazioni di prodotti alimentari italiani (in testa frutta e verdura, pasta, olio, vini e formaggi) nel 2013 toccheranno il record storico di 34 miliardi fatturati. Eppure si potrebbe fare di più: se non esistessero i «pomodori San Marzano» coltivati in Usa o la «Barbera bianca rumena», cioè i prodotti contraffatti, il mercato del made in Italy nel mondo toccherebbe quota 60 miliardi di euro. E altri 10 miliardi arriverebbero dagli storici marchi italiani passati in mani straniere: lo spumante Gancia acquistato da un oligarca russo, i salami Fiorucci e gli olii Carapelli e Bertolli diventati spagnoli, lo zucchero Eridania e l’orzo Bimbo che parlano francese, la Peroni conquistata dai sudafricani, e persino una storica azienda produttrice di Chianti comprata dai cinesi. Una perdita di valore enorme per l’Italia, contro cui bisogna mettere in atto strategie forti: le promettono tutti i ministri presenti alla festa degli agricoltori, da quello all’Ambiente Andrea Orlando alla ministra Di Girolamo, passando per il titolare dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. Ma le loro parole si perdono nel finto campo di grano allestito al palazzetto dello sport: quello che rimane, alla fine della festa, sono i sorrisi di quei ragazzi che hanno scelto di sporcarsi le mani. Con la terra vera.
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