by Sergio Segio | 19 Luglio 2013 6:53
L’idea del suo ministro per i rapporti con il Parlamento non funziona. Non si può continuare a rinviare all’infinito il confronto con il partito. Né tanto meno si può andare a muso duro e chiedere conto al Pd dell’appoggio che c’è e che non c’è. Tanto meno dopo il caso kazako. È per questa ragione che Letta ha spiegato a Epifani quali saranno le sue prossime mosse. Il segretario pro-tempore non ha nascosto le difficoltà al premier. Gli ha spiegato che il partito può reggere fino a un certo punto. Non oltre. E nemmeno l’intervento di Giorgio Napolitano può cambiare la carte in tavola. Anzi, acuisce il malessere degli esponenti del Partito democratico che ritengono di aver già dato, come dicono loro, il sangue a Mario Monti.
Per tutti questi motivi, ma anche per uno studio attento dei sondaggi che rivelano uno smottamento della fiducia e della popolarità del governo. L’esecutivo è arrivato sotto quota 30 per cento. Un dato che preoccupa Letta ma anche lo stesso Giorgio Napolitano, che ormai in quasi tutte le rilevazioni è sotto Matteo Renzi. Quindi, posto di fronte a una situazione che dire complicata è usare un eufemismo, Letta ha capito che doveva in qualche modo uscire dal tunnel. Con una promessa e una speranza.
La promessa l’ha affidata nelle mani di Epifani, che continuava a dirgli: «Noi non possiamo chiedere le dimissioni di Angelino Alfano, ma tu non puoi neanche chiederci di sostenere in modo acritico il ministro dell’Interno». E la promessa è questa, sillabata dal premier, ripetuta a mezza bocca dai suoi uomini, che vorrebbero evitare questa prospettiva: «Non si può fare un governo per tirare a campare. Perciò dobbiamo registrare delle cose». Questo il Letta di fronte a tutti i vertici del suo partito. Quello più veritiero si manifesta quando l’afflusso di persone diminuisce: «Stiamo lavorando per un rimpasto di governo dopo l’estate».
Tradotto dal politichese all’italiano, Alfano non sarà più all’Interno. Non ora, non quando le sue dimissioni potrebbero segnare la vita del governo e della legislatura, ma in un futuro prossimo. In autunno. Allora, quando ci sarà un provvidenziale rimpasto, l’allontanamento di Alfano sarà più soft, non coinvolgerà i rapporti di collaborazione tra il Pdl e il Pd.
E infatti già si pensa a chi potrebbe sostituirlo al Viminale. La candidata più accreditata, al momento, è anche quella che piace di più ai rappresentanti del Partito democratico al governo: Beatrice Lorenzin, l’attuale ministro della Salute. «Cambierò qualche ministro debole», ha assicurato Letta al gruppo dirigente del Pd. Quindi il presidente del Consiglio ha aggiunto: «Dopo l’estate passeremo alla fase due: rimpasto e riforme». Riforme elettorali, naturalmente, perché Giorgio Napolitano non vuol sentire parlare di elezioni prima della modifica del Porcellum, e Letta è con lui. L’obiettivo, comunque, è il traguardo del semestre europeo. Se il governo arriva a quel giro di boa, a quel punto la strada è spianata fino al 2015, cioè fino alle elezioni regionali.
A quel punto, dicono i lettiani di stretta osservanza, quelli che quotidianamente se la prendono con Renzi, «si può imboccare la ripresa e a quel punto, possiamo continuare con Enrico, o presentarlo alle elezioni come il nostro candidato premier…».
Maria Teresa Meli
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