Il Pd adesso rischia lo scontro finale ma Epifani blocca la conta interna

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ROMA — «La nuova direzione? Non è convocata», rispondono a Largo del Nazareno. Per evitare una conta e non certificare le divisioni nella battaglia delle primarie, la nuova riunione del “parlamentino” potrebbe anche non avere più luogo. Doveva tenersi giovedì. Il Pd però è ancora paralizzato. Meglio allora evitare la spaccatura. Rimarrebbero gli strascichi della direzione interrotta venerdì, ma lo scontro sulle regole slitterebbe direttamente all’assemblea nazionale già convocata per il 13 e 14 settembre. Guglielmo Epifani, dopo un primo giro di ricognizione tra le anime del partito, si sta orientando verso il rinvio. Iscritti o primarie aperte, distinzione tra segretario e premier, il dibattito che ruota intorno al ruolo di Matteo Renzi: se ne parla dopo la pausa di agosto.
La mediazione del segretario, con l’avallo di Enrico Letta, sarebbe questa. Per mancanza di alternative. Il confronto tra le parti non registra passi in avanti. «Le regole ci sono, la data pure, i candidati anche. Che aspettiamo?», si chiede il sindaco di Firenze parlando con i suoi fedelissimi. Nessuno lo ha contattato per trovare una via d’uscita. Ma la sua posizione è fin troppo chiara. Lo stato maggiore del Partito democratico la conosce a memoria. «Io non metto in discussione il governo e lungi da me l’idea di voler cambiare la natura del Pd. Dico solo: sarebbe la prima volta, da quando esiste il centrosinistra, che di fronte a una sconfitta elettorale non si va rapidamente a un congresso. Vogliamo stabilire un nuovo record?». Renzi non è disposto a passi indietro, tantomeno a risolvere i problemi dell’asse governista composto da Franceschini- Epifani-Bersani. «Ci sono già quattro candidati: Cuperlo, Civati, Pittella e un incerto che sarei io. Tutti sono favorevoli alle regole in vigore. È allucinante non prenderne atto e non partire subito con il congresso».
Gianni Cuperlo conferma la sua linea: «Penso si stia lavorando per un accordo largo sulle regole. Ma se non si trova, dobbiamo rimandare la discussione al congresso. Una conta e una spaccatura non darebbero un’immagine positiva del Pd all’esterno. Abbiamo già visto questo film all’ultima direzione». I giovani turchi, sostenitori di Cuperlo, condividono le parole del candidato e voterebbero “no” a una regola che lasci solo agli iscritti o agli aderenti il diritto di voto per la segreteria. Da giorni Pippo Civati sta mobilitando i suoi fan per pretendere primarie vere e congresso subito. Quindi, Renzi non è lontano dal vero quando disegna un fronte ampio di favorevoli a gazebo aperti a tutti gli elettori. Ma il fronte opposto non molla. Anzi. Porterà la sua sfida nella commissione per il congresso, l’unica riunione certa convocata per mercoledì. In quella sede potrebbe essere certificato l’annullamento della direzione. Presto, forse già questa settimana, i bersaniani annunceranno anche il loro candidato alla segreteria «perché nessuno dei concorrenti in campo ci rappresenta pienamente», spiega Alfredo D’Attorre. Una figura di riferimento di quell’area, del resto, diventa fondamentale per portare avanti la battaglia delle regole. Nico Stumpo è un falco di questa corrente: «La nostra posizione non è minoritaria né in direzione né in assemblea nazionale. Ed è facilmente spiegabile al popolo del Pd». Non è quella di blindare le primarie per i soli iscritti. «Voglio una platea molto ampia — dice Stumpo —. Ma se distinguiamo segretario e candidato premier la base elettorale dev’essere diversa».
I contatti tra le parti riprenderanno oggi, in vista della commissione di mercoledì. Ma una soluzione appare lontana. Per questo, dal fronte anti-Renzi avanza una nuova minaccia. «Non si vuole cambiare nulla dello Statuto? Beh, allora il percorso tradizionale è lungo — avverte un franceschiniano —. Prima votano gli iscritti, poi i tre candidati vincenti vanno al ballottaggio aperto. I tempi così sono più lunghi e le primarie non si terrebbero più a novembre».


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