Il monito del Fondo increspa ma non rompe la tregua politica

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Riflettono le divisioni nel partito e lasciano capire che la filiera degli avversari di Enrico Letta e del suo vice Angelino Alfano rimane insieme agguerrita e debole.

Per quanto si tenti di ridurla a «un punto di vista», l’analisi dell’Fmi finisce per fornire a Palazzo Chigi una sponda estera non trascurabile nella trattativa con i proprio alleati. Non è casuale che pochi minuti prima del comunicato degli esperti venuti a radiografare l’Italia, Letta avesse avvertito: «Il primo problema» affrontato nel vertice della maggioranza di ieri è stato quello di Iva e Imu. Complicato, perché «la copertura va tutta trovata dentro il bilancio del 2013, e non è facile». La possibilità di deviare dai vincoli più restrittivi per fare qualche investimento scatta infatti nel 2014.

Ma anticipando l’Fmi, il premier ha cominciato a indicare le difficoltà di quell’abolizione della tassa per la prima casa, della quale Silvio Berlusconi ha fatto quasi un punto d’onore in campagna elettorale. Fabrizio Saccomanni si è limitato a dire che si terrà conto delle indicazioni del Fondo. «Sull’Imu stiamo valutando. L’obiettivo — spiega il ministro dell’Economia — è trovare il consenso all’interno della coalizione di governo». Non è scontato che ci si riesca, ma l’ipotesi di una rottura appare altamente improbabile. L’apertura di credito dell’Ue di due giorni fa, per quanto condizionata, rafforza la maggioranza Pdl-Pd-montiani.

Anche per questo il vertice di ieri si è concluso con dichiarazioni soddisfatte di personaggi solitamente puntuti come il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta. Lo stesso ex premier Mario Monti, che nei giorni scorsi aveva usato parole ruvide, ha dichiarato «vita lunga per il governo Letta. Non ci piace il gioco nazionale di scommettere sulla durata dell’esecutivo». È vero che non esistono garanzie: la tregua siglata e appena scalfita dalle indicazioni sull’Imu, potrebbe rompersi nelle prossime settimane. Ma si ha la sensazione che in questa fase molto congiuri per proiettare il governo oltre l’estate; e magari verso quei diciotto mesi additati anche ieri da Letta come orizzonte minimo di tenuta.

Se una maggioranza così trasversale e contraddittoria riesce a mostrarsi capace di smentire le previsioni più nere sulla crescita di qui a sei mesi, potrebbe davvero puntare al 2014; scongiurare il pericolo tuttora incombente di una deriva verso il voto anticipato; e sfruttare al meglio il periodo del semestre nel quale spetterà all’Italia guidare l’Europa. L’obiettivo finale è una riforma della politica che tutti dicono di volere ma che rimane in balia di spinte contrastanti. Di qui all’autunno ci sono troppe variabili da verificare. E, per quanto incoraggiato a livello internazionale, il governo è una miscela di forza e debolezza che può sempre impazzire.


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