I muscoli dei lettiani sul tavolo del Pd

by Sergio Segio | 21 Luglio 2013 9:58

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 PER questo i lettiani sono pronti a misurare il grado di fiducia dei democratici nei confronti del presidente del Consiglio presentando una mozione congressuale di sostegno al governo. Non con una candidatura di Letta alla segreteria ma mostrando i muscoli, sì. L’idea è quella di scrivere un documento da sottoporre ai militanti e ai concorrenti per la leadership composto di tre punti secchi. Appoggio all’esecutivo almeno fino alla fine del semestre europeo di presidenza della Ue, ossia 31 dicembre 2015, come indicato anche da Giorgio Napolitano nel suo “cronoprogramma”. Approvazione di riforme istituzionali profonde, a partire dalla legge elettorale. Avvio di riforme sociali ed economiche che rilancino la crescita.
Letta si limita per il momento ad ascoltare queste sirene amiche, senza prendere le distanze. «Mi concentrerò come sempre — dice il premier all’indomani del voto sulla mozione di sfiducia — sui provvedimenti». Parole che svelano un evidente fastidio per l’ipotesi del rimpasto, che non rientra certo nella categoria delle misure utili per il Paese. Da qui alla fine dell’anno, Letta ha altri programmi che non cambiare qualche casella nella squadra. «Ho indicato il mio progetto nel discorso al Senato ». Quello sull’espulsione di Alma Shalabayeva e della figlia. «Con la legge di stabilità ci proponiamo di mettere in campo due piani straordinari: uno sull’attrazione degli investimenti e uno sull’aggressione al debito pubblico. Permetterà di tornare a puntare sull’istruzione, la cultura, l’innovazione». Se Epifani intende per «governo più forte» il rilancio della sua azione, bene. Se invece pensa al rimpasto, i pericoli sono troppo grandi e non se ne fa niente. Il segretario e il premier ieri si sono parlati e chiariti. Già oggi Epifani correggerà il tiro. Il rafforzamento che invoca non riguarda le poltrone, ma i punti programmatici che il Pd considera fondamentali.
Non è nel carattere di Letta escludere a priori delle variabili. «Io sono aperto a suggerimenti e indicazioni. Se, ad esempio, dopo il congresso del Pd si dovesse tenere conto di nuovi equilibri, non farò finta di niente », spiega ai suoi collaboratori. Anche nella composizione del team ministeriale. Ma è l’ultimo dei problemi. Il principale invece è che il congresso sta prendendo una piega pericolosa per il futuro dell’esecutivo. Lo scontro totale tra bersaniani (i fedelissimi di Letta ci mettono anche Epifani) e Renzi può danneggiare l’esecutivo. La corrente dell’ex segretario pretende dal premier una posizione chiara contro il sindaco di Firenze. Di esporsi in prima persona. Letta respinge questo pressing. Con il rischio però che il premier venga vissuto dal Pd come un corpo estraneo. «Rimanere terzi può far pagare un prezzo al governo», dicono a Palazzo Chigi.
Da qui nasce la suggestione di un documento congressuale. «Aperto a tutti. E vediamo se Epifani, Renzi, Bersani lo vogliono sottoscrivere o meno», dicono i lettiani. Una sfida, quasi. Una navigazione nel mare aperto e agitato del Partito democratico. Il premier non vuole trasformare il congresso in un referendum sull’esecutivo. Ma nemmeno può permettere che lo diventi nei fatti, con lui completamente fuori dai giochi. Per il momento predica prudenza. Da Largo del Nazareno però gli arrivano voci che non condivide. C’è la paura che le feste del Pd e dell’Unità, tradizionale appuntamento estivo del centrosinistra, si trasformino in luoghi di contestazione per i dirigenti del Pd. Questo sussurrano dal quartier generale. Ma Letta non crede che i governisti democratici siano davvero isolati. «Sono convinto che quello che abbiamo fatto e quello che faremo venga compreso dagli elettori del centrosinistra. E che questo sia un governo di servizio io l’ho sempre detto. Dopo si torna al confronto tra i due schieramenti ». Perciò il premier si prepara al confronto in direzione il 24. E a essere il protagonista della festa democratica di Genova in settembre. Con la consapevolezza che nel Pd qualcosa si muove e potrebbe portare guai alla vita del governo. «Enrico, se non ti candidi alla segreteria, quelli ti preparano il funerale», gli ha scritto Pier Ferdinando Casini con un sms, qualche giorno fa. Una profezia che Letta non prende sottogamba. E in qualche modo nel congresso vuole esserci anche lui.

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