Grillo lancia la carica: via il letame dall’Italia Boldrini: basta insulti

by Sergio Segio | 25 Luglio 2013 7:17

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ROMA — Beppe Grillo spara cannonate dal suo blog, parlando di un’Italia ridotta a «stalla invasa dal letame» e intanto i suoi uomini — dalla «tomba maleodorante» (come il leader chiama il Parlamento, senza averlo mai frequentato) — lanciano un ostruzionismo a tutto campo per fermare il decreto del Fare, ma soprattutto per bloccare la riforma costituzionale con la creazione del Comitato dei 42. Motivo: ad agosto la gente è distratta, meglio rimandare a settembre. Come dice il capogruppo alla Camera Riccardo Nuti: «Dobbiamo modificare la Costituzione nel silenzio dell’estate?». Non dobbiamo e dunque via a un ostruzionismo a oltranza.

Il post di Grillo lancia la carica, facendo un quadro dell’Italia non esattamente idilliaco, anche grazie al ricorso alla mitologia greca: «Bisogna ripulire l’Italia come fece Ercole con le stalle di Augia, enormi depositi di letame spazzati via da due fiumi deviati dall’eroe. È una fatica immane, ma per salvarsi, o almeno limitare i danni, bisogna risanare il Paese, vanno sradicati inciuci, connivenze, diritti acquisiti, rendite di posizione, burocrazia». Nel suo post Grillo ne ha per tutti, per le «grandi opere inutili come l’Expo e la Tav», per la «spending review che è stato solo un pessimo slogan», per i tagli della spesa «che hanno prodotto il nulla». Risultato: «L’Italia è come una scimmia ipnotizzata da un pitone». Il nuovo «idolo sacro è lo status quo: niente deve cambiare pena la catastrofe». Insomma: «Il lezzo delle stalle è ormai insopportabile».

Post sgradito, naturalmente, a molti esponenti del Parlamento. Il presidente del gruppo misto Pino Pisicchio parla di «vilipendio delle istituzioni». Mara Carfagna scrive un tweet: «Grillo istiga all’odio e alla violenza. Basta con questo patetico fascismo 2.0». Venti deputati democratici scrivono alla presidente della Camera, Laura Boldrini, chiedendo un suo intervento. Che arriva: «Con il suo linguaggio aggressivo e distruttivo, Grillo continua a rovesciare insulti sulle istituzioni. I suoi costanti attacchi verbali contribuiscono non poco a screditarle. Serve più rispetto per i cittadini e per coloro che li rappresentano».

Intanto i parlamentari a 5 Stelle cercano di rallentare il decreto del Fare. Perché? «Perché siamo contrari ai decreti, se non ci sono i criteri di urgenza — spiega il vicecapogruppo Villarosa — perché questo è un decreto omnibus, che è incostituzionale». E poi, dice Francesco D’Uva: «Avevamo presentato 400 emendamenti, ridotti a 21 e poi a 8 per fare in fretta e rendere il decreto presentabile». Non è servito. L’obiettivo della protesta è però soprattutto bloccare il ddl costituzionale sulle riforme, facendolo slittare a settembre. «Non è possibile modificare la Costituzione sotto l’ombrellone», dice Manlio Di Stefano. «Useremo ogni mezzo democratico», attacca Alessandro Di Battista.

Non piace, non solo la tempistica, ma anche il contenuto: «Non si può delocalizzare — dice Riccardo Nuti — e affidare a un comitato, anziché alle Camere, il compito di modificare la Costituzione». Non piacciono neanche — elenca Luigi Di Maio — «l’aumento delle accise sulla benzina, l’abolizione del tetto di stipendio ai manager e il salvataggio dei doppi incarichi per i sindaci».

E così, avanti con ostruzionismo. Tutti i 106 deputati a 5 Stelle presentano un ordine del giorno: calcolando venti minuti a deputato, tra dichiarazione di voto e altro, fa oltre 2.000 minuti, più di 30 ore. Ma chi l’ha deciso? «Nessuno», dice Alessio Tacconi (di cui ancora in questi giorni il meet up europeo ribadisce la richiesta di espulsione). «Non l’abbiamo votato», concorda Marta Grande. E in effetti non tutti sono entusiasti di questo ostruzionismo non deliberato. Tra loro Tommaso Currò, che aveva un emendamento pronto a passare. Ma alla fine nessuno si oppone e tutti vanno in Aula con il loro ordine del giorno. La seduta notturna vede la partecipazione in massa dei deputati a 5 Stelle.

A chi li accusa di bloccare i provvedimenti su omofobia e finanziamento pubblico ai partiti, i parlamentari rispondono piccati. «Stupidaggini», dice Marialaura Orefice.

Alessandro Trocino

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