E su congresso e cariche interne nasce l’asse dalemiani-renziani

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ROMA — «Sono degli irresponsabili», mormora Paolo Gentiloni. «Sono degli irresponsabili», diceva qualche giorno fa Massimo D’Alema ad alcuni parlamentari amici.

Gentiloni e D’Alema: due modi opposti di vedere il Pd e la politica. Eppure entrambi sono preoccupati per la piega che sta prendendo il tormentone «congresso sì, congresso no». L’ex premier, notoriamente, non è un amico di Matteo Renzi, come invece lo è Gentiloni, eppure teme che «il tentativo di mettere in difficoltà il sindaco di Firenze, alla fine metta in difficoltà il Pd». E come Renzi, D’Alema ritiene che le assise nazionali debbano tenersi senza ulteriori titubanze.

Perciò c’è chi sta lavorando alacremente perché il sindaco e l’ex premier tornino a parlarsi. Si tratta di Goffredo Bettini, il quale non si limita a questo, ma cerca di dar forma e forza a una sorta di patto tra dalemiani, renziani, giovani turchi, veltroniani e cani sciolti per il rilancio del partito e per porre un argine al trio Franceschini-Letta-Bersani, ossia i tre esponenti del Pd che vengono indicati come i promotori della strategia dell’eterno rinvio del congresso. Il lavorio riservato di questi giorni, avviato prima della partenza estiva sia di Bettini che di D’Alema, proseguirà a settembre. Ma al Pd si vocifera già di questo patto. E si parla di un’ipotetica intesa per l’organigramma futuro: Cuperlo segretario, Bettini presidente e Renzi candidato premier.

La strategia del rinvio che ha messo in allarme più d’uno nel Pd, ovviamente, viene smentita in tutti i modi dai diretti interessati. E infatti, formalmente, non vi saranno slittamenti. Il ruolino di marcia prevede una Direzione domani e un’altra il 31 luglio. La prima darà il mandato a Epifani di chiudere nell’apposita commissione la vicenda delle regole sui capisaldi caldeggiati dai bersaniani — divisione dei ruoli tra leader e candidato premier — segretari locali eletti dagli iscritti. Quindi l’assemblea nazionale si riunirà il 15 settembre. Domenica 15 dicembre, invece, si svolgeranno le primarie per l’elezione del segretario. Ed è questa la data che non va bene ai renziani, anche se ancora ieri Guglielmo Epifani ha vestito i panni del mediatore con il braccio destro del sindaco di Firenze Luca Lotti. «La scelta del 15 dicembre fa ridere, allora tanto vale fare le primarie il 25 direttamente», commenta ironico Davide Faraone. E Angelo Rughetti osserva: «Ci ha messo meno Kate a fare il royal baby che Epifani a convocare il congresso».

Insomma, di fronte al pressing dei renziani Epifani una data la darà. Ma è una data che ha tutte le caratteristiche per saltare, essendo così prossima alle festività… E allora il gruppo dirigente del Pd che vuole lo slittamento del congresso potrebbe riuscire nel suo intento, arrivare al congresso a ridosso delle elezioni: le comunali di marzo (data in cui Renzi dovrebbe aver già deciso se ricandidarsi o no a Firenze) e le regionali di maggio. È una guerra dei nervi nei confronti del sindaco, che ultimamente sembrava funzionare. È per questo che Renzi ha smesso di parlare. Non di puntare alla politica nazionale, però. «Non posso rimanere a bordo campo e perdere il controllo della situazione», ha spiegato ai fedelissimi.

Così Renzi continua a macinare incontri, a fare delle puntate a Roma con regolarità, a coltivare progetti per il futuro. E a curare le regioni in cui è meno forte. Quelle meridionali, in special modo. In Campania sta riuscendo a rompere gli equilibri consolidati. In Sicilia, dopo la vittoria dei suoi candidati a Siracusa e Comiso, e grazie all’attivismo del palermitano Faraone le cose non stanno andando male. In Puglia Michele Emiliano ha fatto dichiarazione di voto per Renzi e ha sparato a zero su Letta, invitandolo ad andarsene. Solo la Calabria sembra inespugnabile.

A livello nazionale, invece, i renziani preannunciano nuove battaglie. Sul finanziamento ai partiti, che slitterà a dopo l’estate per evitare che la maggioranza vada in frantumi, i sostenitori del sindaco non hanno intenzione di tacere. E Giachetti riprenderà la questione della riforma del Porcellum chiedendo la procedura d’urgenza e andrà avanti dritto come un treno, anche se il rinvio della revisione della legge elettorale è una delle assicurazioni sulla vita di questo governo…

Maria Teresa Meli


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