Dramma lavoro, la grande beffa

by Sergio Segio | 4 Luglio 2013 16:52

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Duecentomila posti di lavoro per i giovani, tre miliardi di euro stanziati, due punti percentuali in meno di disoccupazione. Dall’approvazione del del sull’occupazione fino ai giorni scorsi, il governo Letta ha diffuso una significativa serie di numeri e dati trionfali sui piani del suo esecutivo. Eppure, nonostante tutte queste cifre, i conti non tornano.

«Ora le imprese non hanno più alibi per non assumere», ha spiegato Enrico Letta presentando le sue misure. Tutto questo dopo una battaglia (di slogan) secondo cui l’unico modo di creare posti di lavoro per i giovani era la “staffetta generazionale” e i contratti di solidarietà per i più anziani: mandarne a casa una parte, convertirli part-time, diminuire loro lo stipendio in modo da fare entrare in azienda qualche ragazzo. Un clima di “terrore generazionale” poi sfumato nel nulla: staffetta e contratti di solidarietà espansivi sono troppo onerosi per lo Stato. E allora via al miliardo e mezzo per l’occupazione giovanile, e poi all’altro miliardo e mezzo dell’Unione Europea.

Partiamo dalle cifre. Il primo miliardo e mezzo di stanziamenti c’è, ma è ripartito nei prossimi cinque anni. Trecento milioni nel 2013, 100 milioni nel 2014, 150 milioni nel 2015 e così via. Di questi, 500 milioni sono destinati solo al mezzogiorno. Gli stanziamenti, poi, non sono tutti diretti all’occupazione, ma anche a tirocini e stage formativi. Ovvero a quegli strumenti con cui i giovani precari vanno avanti da anni in attesa di un lavoro, per poi passare da un contratto precario all’altro. Proprio sui contratti Letta è intervenuto eliminando i vincoli temporali per il rinnovo imposti dalla Riforma Fornero. Per il sindacalista Sergio Bellavita (Fiom e Rete 28 aprile) si tratta di «Uno scandalo, cancellano proprio quelle due cose contro il precariato inserite nella riforma Fornero».

Ma torniamo ai numeri. Si è detto 200mila posti di lavoro per i giovani: non è vero. Centomila potrebbero diventare i nuovi posti di lavoro – dati ben lontani dalla realtà per l’economista Tito Boeri – e i restanti 100mila sarebbero tirocini e percorsi formativi. Il ministro Giovannini ha parlato di riduzione del 2 per cento dei giovani disoccupati, ma la statistica di riferimento è quella dei giovani fino ai 24 anni, in cui la disoccupazione è conteggiata al 25 per cento, dato ben lontano da quel 41 per cento di disoccupazione giovanile reale, che prende l’arco di vita fino ai 29 anni. In un paese in cui, tra la maturità a 19 anni (nel resto d’Europa avviene un anno prima) e le lauree 3 + 2 l’età naturale per il conseguimento del titolo arriva proprio ai 24 anni. Insomma, non si interviene su chi cerca lavoro ma sui “Neet”, quelli che non cercano lavoro e non studiano.

Passiamo ora lo youth guarantee, il progetto dell’Unione Europea per favorire l’occupazione giovanile. «Abbiamo triplicato i fondi europei per l’occupazione giovanile, portiamo a casa un miliardo a mezzo», ha insistito il premier. Ma anche qui i fondi, fino a pochi giorni prima, dovevano essere un miliardo e 80 milioni, diventati poi un miliardo e 580 milioni. Non si capisce a quale matematica si affidi questo governo parlando di cifra triplicata. Sugli 8 miliardi di copertura europea, inoltre, per il biennio 2014/2015 solo sei sono anticipabili, per cui è improbabile che si recuperi interamente il miliardo e mezzo italiano.

LA STAFFETTA GENERAZIONALE. Le misure del governo Letta sul lavoro sono figlie di un percorso che parte sul piede di guerra generazionale. Fino a pochi giorni fa l’idea per creare nuovi posti era quella della staffetta generazionale: far fuoriuscire dalle aziende i dipendenti anziani, convertendoli part-time o mandandoli in pensione, per inserire giovani dipendenti. Ma sono bastati pochi giorni per capire che un’impresa del genere non è realizzabile perché troppo onerosa: lo Stato dovrebbe infatti pagare comunque i contributi pieni a queste persone. Che, inoltre, dovrebbero accettare su base volontaria. Dopo che la proposta sembrava archiviata oggi il governo ci riprova: chi vuole andare in pensione dopo i 62 (con 35 di contributi) potrebbe farlo perdendo l’8 per cento della pensione. Per Fabio Mangiafico, funzionario Fiom di Milano: «La staffetta generazionale non è una soluzione miracolistica, sono diffidente. Un conto è applicarla nella grande industria tedesca, un altro pensare alla piccola e media impresa italiana». Aggiunge: «E poi non si discute mai di quanto mette l’impresa, ma sempre dei lavoratori». Per Sergio Bellavita: «La “staffetta” fa ricadere il peso dei nuovi posti di lavoro sulle spalle dei lavoratori».

IL BONUS ASSUNZIONI. Le misure del dl sull’occupazione comprendono il famigerato bonus per le nuove assunzioni: un contributo di 650 euro (pari al 33 per cento del salario) per l’impresa che assume un giovane fra i 18 e 29 anni a tempo indeterminato. Il bonus dura 18 mesi per i nuovi assunti e 12 mesi per i contratti a termine trasformati in tempo indeterminato. Sono tre le condizioni da rispettare: essere stati disoccupati per almeno sei mesi, avere familiari a carico, non aver studiato oltre la licenza media. Una errata interpretazione dell’Ansa nel fine settimana ha creato l’equivoco: critiche pesanti sono piovute da più parti sul provvedimento perché colpevole di incentivare i giovani ad abbandonare gli studi. In realtà, specificano dalla Presidenza del consiglio: “Le misure non si escludono a vicenda, è necessaria solo una delle tre condizioni per accedere al bonus”.

PRECARI. Eppure il messaggio è passato: chi studia sbaglia. Chi ha oltre i 29 anni ed è senza lavoro può arrangiarsi. Chi di mese in mese salta da un lavoretto all’altro è da considerarsi occupato. Neanche un accenno alle Partite Iva, che crescono in maniera esponenziale, con 550mila nuove aperture solo nel 2012. Dall’altro canto si riducono i termini temporali tra un’assunzione (precaria) e la successiva. La vituperata Riforma Fornero, infatti, aveva istituito il limite di 60 giorni per riassumere una persona il cui rapporto di lavoro iniziale avesse durata inferiore a 6 mesi, e 90 giorni se il rapporto superava i sei mesi. Ora Letta e Giovannini riportano questi limiti a 10 e 20 giorni. Dice Bellavita: «Scandaloso, cancellano quelle due cose contro il precariato inserite nella riforma Fornero». Aggiunge Mangiafico: «Rivedono quelle due garanzie per i contratti a termine, complimenti. Tolgono il maquillage dei precari dalla riforma Fornero».

CONTRATTI DI SOLIDARIETA’ “Sono la strada maestra”, ha affermato nelle scorse settimane il ministro Giovannini. Cesare Damiano, dal suo canto, ha ricordato come il modello “espansivo” dei contratti di solidarietà possa funzionare per realizzare la staffetta: i dipendenti vecchi prendono meno in busta paga e col surplus si assumono giovani. Ma in realtà, in questa maniera, in Italia i contratti di solidarietà non sono mai stati utilizzati: «I contratti di solidarietà espansivi sono quelli che potrebbero venire utilizzati per la staffetta generazionale, a differenza di quelli difensivi. La normativa è del 1984 ma non è una situazione diffusa», spiega Michela Spera, dell’ufficio tecnico della Cgil. Il modello utilizzato ad oggi corrisponde a quello difensivo, in cui si tagliano gli stipendi per evitare gli esuberi, che di solito vengono annunciati in precedenza: è questo il caso dell’ospedale San Raffaele di Milano e del call center Almaviva. Ma perché, mentre ieri i sindacati si battevano per applicare la solidarietà, sono oggi governo e imprese a chiederla? «Cosa è cambiato? Che ci si fa meno problemi a ricorrere ai contratti di solidarietà perché sono finiti i soldi per la cassa integrazione. Ma stiamo sempre pensando al breve periodo… », spiega Federico Bellono, funzionario Fiom di Torino.

Nel frattempo l’Istat ci ricorda che a maggio il tasso di disoccupazione è salito al 12,2 per cento, 0.2 punti percentuali in più rispetto ad aprile e 1.8 rispetto allo stesso mese del 2012. E’ il nuovo massimo storico.

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