Donna velata fermata dagli agenti Si infiamma la periferia di Parigi
TRAPPES — La mattina dopo ci sono ancora i segni della rivolta: spazzatura che brucia in mezzo alla strada, la fermata dell’autobus distrutta, automobili danneggiate e una decina di camion della polizia che presidiano i Merisiers, il quartiere dei «ciliegi selvatici» che nella notte tra venerdì e sabato ha conosciuto la guerriglia urbana.
A Trappes, mezz’ora d’auto da Parigi, tra 200 e 400 persone hanno dato l’assalto al commissariato lanciando pietre e qualsiasi oggetto capitasse a portata di mano. Gli agenti locali hanno chiamato a rinforzo i battaglioni di Crs mentre un elicottero illuminava la zona, gli scontri sono durati fino alle quattro del mattino. Un ragazzo di 14 anni è stato ferito all’occhio, quattro agenti contusi, sei arrestati: la violenza si è scatenata dopo un controllo di polizia a una donna che portava il niqab , il velo integrale.
Le due versioni, quella ufficiale e quella della signora, sono opposte. «Gli agenti hanno notato una donna interamente velata, cosa che è contraria alle leggi della Repubblica (dal settembre 2010, legge voluta da Nicolas Sarkozy, ndr ) e quindi hanno proceduto a un controllo di identità — dice David Callu, sindacalista della polizia —. C’è stato un rifiuto, il marito ha colpito gli agenti e quindi è stato portato al commissariato». Secondo le autorità un agente è rimasto ferito, porta i segni di un pugno in faccia e al collo quelli di un tentativo di strangolamento.
La donna musulmana conferma di essere stata fermata perché portava il niqab , che è illegale, ma racconta il seguito della storia in modo molto diverso nella lettera diffusa dal Collettivo contro l’islamofobia. «Hanno voluto controllarmi a causa del velo, e come al solito mi sono prestata – scrive -. Stavo per sollevarmelo quando ho visto uno degli agenti che spingeva violentemente mia madre. E quando ha finito con lei, è venuto verso di me facendo dei grandi gesti davanti al mio viso e usando un linguaggio aggressivo. Impaurita, gli ho chiesto di tacere. Allora mi ha preso per il velo all’altezza della testa e mi ha trascinato con una forza mostruosa, prima di buttarmi sul cofano dell’auto gridando “Dici a me? Stai parlando con me?”. Poi ho visto mio marito tenuto a terra mentre lo ammanettavano. Una volta dentro l’auto ci gridavano addosso come se fossimo dei cani, minacciavano mio marito urlando “e adesso che fai, piccola tafiole (frocetto, ndr )” e intanto ci prendevano a pugni».
Appena la notizia si è diffusa, centinaia di giovani musulmani hanno cercato vendetta attaccando il commissariato. «Prima o poi doveva succedere, a Trappes da qualche anno si sta meglio ma gli islamici duri e puri rovinano tutto» dice Paul Chevignon, che abita in uno dei palazzi popolari (Hlm) che ospitano la maggioranza della popolazione. Rafiq, 20 anni, dice invece «siamo stufi di essere fermati dalla polizia, ci provocano perché non controllano mai un francese, danno fastidio solo ai musulmani».
Trappes, sobborgo di ferrovieri, meta di immigrazione bretone negli anni Trenta e islamica negli ultimi decenni, non è una periferia degradata: nel 1997 venne dichiarata «zona franca urbana» e le agevolazioni fiscali hanno fatto nascere molte piccole attività. Ma anche dove la disoccupazione è meno forte che altrove, resta il problema delle tensioni comunitarie.
Manuel Valls, il ministro dell’Interno che appena tre giorni fa lanciava l’allarme sull’aumento degli atti di islamofobia in Francia, ieri non ha potuto che condannare «le inaccettabili violenze contro rappresentanti delle istituzioni». Marine Le Pen, sempre più in alto nei sondaggi, non si lascia sfuggire l’occasione: «Colpa dell’immigrazione di massa». La tensione continuerà, e a molti sta bene così.
Stefano Montefiori
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