by Sergio Segio | 17 Luglio 2013 17:11
Non capita a tutti di avere per insegnante alla scuola media uno come Pier Paolo Pasolini. Vincenzo Cerami, morto oggi all’età di 73 anni, lo incontrò in quella Roma di periferia del primo dopoguerra che entrambi poi raccontarono a modo loro. Affascinati da quell’intersezione stretta dove la vita sposa il romanzo e dunque la letteratura.
Le occasioni possono essere, contemporaneamente, un’opportunità e un limite. Cerami, figlio di siciliani saliti dal sud, seppe trovare, in quell’uomo calato dal nord nella capitale, un modello possibile in un’epoca in cui la parola maestro racchiudeva ancora il senso della riconoscenza per l’apertura degli orizzonti e per la scala di valori a cui aderire, se convinti. Finita precocemente per infortunio una carriera da rugbysta (e già la scelta dello sport dice molto), Pasolini lo volle come aiuto regista, appena ne ebbe l’età, per “Comizi d’amore”, “Uccellacci uccellini”, “La Terra vista dalla luna”.
A segnare l’inizio di un sodalizio che sarebbe stato bruscamente interrotto dalla violenta fine del poeta, ma che sarebbe continuato, nelle intenzioni programmatiche, coi molti orfani artistici, a cominciare dal Sergio Citti del “Casotto”: una libera riproposizione per immagini sulle suggestioni aggiornate di “Ragazzi di vita”.
Poi Vincenzo proseguì la sua ricerca, senza scordare le radici che lo facevano affondare in una contemporaneità politicamente vissuta, fino al balzo nel romanzo con “Un borghese piccolo piccolo ” (1976) che conteneva in sé i segni della visionarietà filmica se Mario Monicelli l’anno successivo lo trasformò in pellicola. A segnare un dualismo non antagonistico tra due arti che, se hanno un canone diverso, possono tuttavia convivere.
La fiction non l’ha mai distratto dalla compulsazione quasi ossessiva dei giornali dove trovava spunti per sublimare episodi di cronaca in testimonianze d’epoca sul cambiamento dei costumi (“Fattacci”) in un andirivieni costante tra ciò che suggerisce la strada e come lo mente la elabora.
Il successo planetario arrivò dall’altro incontro fatale con Roberto Benigni. Col quale non doveva scontare una sudditanza di ruolo o anagrafica pur se ne doveva inseguire il genio immaginifico. “La vita è bella” è l’apice premiato dall’Oscar.
Accanto al quale piace ricordare l’ultima firma per un regista esordiente, il figlio Matteo, avuto dall’unione con Graziella Chiarcossi (condoglianze), cugina di Pier Paolo Pasolini. A chiudere il cerchio di un’esistenza trascorsa da grande tra i grandi.
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