Caso Ablyazov, “espulsione illegale”

by Sergio Segio | 10 Luglio 2013 7:27

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ROMA — Gli israeliani spiavano il nascondiglio in Italia di Alma Salabayeva. L’Ufficio immigrazione della Questura di Roma sapeva che la donna aveva non uno, ma due passaporti regolari. La Repubblica del Burundi l’aveva proposta come «console onorario per le regioni del Sud Italia». Mentre si attende la relazione al Parlamento del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che finora ha taciuto, si complica l’intrigo internazionale dell’espulsione a velocità record della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. A svelare che «una società di sicurezza israeliana aveva incaricato una azienda di sicurezza italiana di sorvegliare la villa della Salabayeva prima dell’irruzione della polizia» è stato uno dei legali della donna, Ernesto
Gregory Valenti, ieri, al Senato, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani. C’è forse un coinvolgimento in questa operazione dei servizi segreti israeliani così come in quella di Abu Omar di quelli americani?
Ma c’è un documento, in possesso di un altro avvocato della kazaka espulsa, Riccardo Olivo, che inchioderebbe l’Ufficio immigrazione a una responsabilità tutta da chiarire. Il 30 maggio, dunque il giorno prima delle udienze di convalida lampo prima dell’espulsione, l’Ambasciata di Roma del Kazakistan aveva inviato ai responsabili dell’Immigrazione un documento con il quale attestava che Alma Salabayeva era in possesso di due passaporti regolarmente rilasciati dalle autorità del suo Paese d’origine, facendo dunque cadere la necessità e l’obbligo dell’espulsione. Perché, pur sapendo che aveva documenti in regola, è stata comunque allontanata dall’Italia insieme alla figlia in fretta e furia?
È stato infine il presidente del Tribunale del Riesame di Roma, Guglielmo Muntoni, a rendere noto nella sua ordinanza che Alma Salabayeva «era stata proposta come Console onorario per le regioni del Sud Italia da parte della Repubblica del Burundi». Ecco spiegato il motivo per il quale la donna era in possesso di un passaporto diplomatico della Repubblica Centrafricana che il giudice definisce, al contrario della Polizia, autentico. Il fatto poi, osserva ancora il magistrato, che la moglie del dissidente si sia «presentata alle autorità africane con il nome di Alma Ayan anziché Alma Shalabayeva appare riferibile non a falsità ma alla necessità di sottrarsi ai nemici politici del marito». Insomma, bastava un po’ più di calma e di tempo per chiarire ogni equivoco. Il ministro Alfano dovrà spiegare il perché di una «velocità » con la quale s’è proceduto al rimpatrio che lascia «perplesso» pure il presidente del Riesame. Se l’espulsione è «frutto di un errore e non c’è stata volontà premeditata di consegnare due ostaggi al presidente kazako», il terzo avvocato della donna, Anna D’Alessandro, lancia un appello «al governo affinché, invece di spaccarsi, trovi una convergenza nel chiedere che Alma e la figlia ritornino in Italia». E le voci su un interessamento di Berlusconi per consegnare all’amico presidente kazako le due donne? Sul punto interviene Manconi: «Non ho prove — ha detto — dell’interessamento del Cavaliere in questa vicenda».

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