Addio mutui a tassi ridotti negli Usa si sta spegnendo il motore della ripresa
NEW YORK — I Padroni dell’Universo ora fanno gli uccelli del malaugurio. Due tra i banchieri più potenti di Wall Street, nella stessa giornata in cui annunciavano profitti record, hanno lanciato all’unisono un allarme: la manna dei mutui a poco prezzo è finita, pertanto si sta fermando un motore della ripresa economica americana. A questo punto diventa indispensabile che altri motori lo sostituiscano: la spesa dei consumatori, gli investimenti delle imprese. I banchieri in questione sono Jamie Dimon, chief executive di JP Morgan Chase, la più grande banca di Wall Street; e Tim Sloan, direttore finanziario della Wells Fargo di San Francisco. Prima e quarta banca nella classifica dei depositi con un totale di 2.220 miliardi di raccolta; prima e seconda rispettivamente per la loro capitalizzazione di Borsa. I loro profitti hanno superato le aspettative più ottimistiche, balzando a 6,5 miliardi (JP Morgan Chase) e 5,5 miliardi (Wells Fargo) nel secondo trimestre di quest’anno. Ma i messaggi lanciati da Dimon e Sloan sono preoccupati: i tempi migliori stanno finendo. Tutti e due hanno denunciato un netto rallentamento nell’erogazione di mutui per la casa, e hanno previsto che questo si tradurrà in una decurtazione di profitti. I dati per tutta l’America, elaborati dalla Mortgage Bankers Association, lo confermano: nel solo mese di giugno le domande di nuovi mutui sono scese del 15%, e dall’inizio di maggio i rifinanziamenti di mutui preesistenti sono addirittura dimezzati.
La causa è nota, Dimon e Sloan non ne hanno fatto mistero: tutto si spiega con la svolta (per ora solo annunciata) nella politica monetaria della Federal Reserve. A dire il vero, i tassi direttivi della Fed sono rimasti inchiodati allo zero – un livello anomalo che dura ormai dal 2009 – e vi resteranno ancora fino al 2015. Tuttavia, a cambiare lo scenario è bastato che il presidente della Fed Ben Bernanke annunciasse per un futuro non proprio lontano l’inizio della fine della “droga monetaria”, i massicci acquisti di bond che la banca centrale ha effettuato e sta tuttora effettuando al ritmo di 85 miliardi al mese. Oltre a schiacciare verso il basso i rendimenti di tutte le categorie di bond – incluse le obbligazioni collocate dalle banche per finanziare i mutui – quelle operazioni hanno inondato il mondo intero di liquidità a poco prezzo. Ora, sulla base della ritrovata salute dell’economia reale, Bernanke prevede che da settembre in poi i suoi acquisti si ridurranno.
Potrebbe cessarli del tutto nel corso del 2015. E’ bastato questo per far salire di 100 punti base (cioè un intero punto percentuale) il rendimento sui buoni del Tesoro decennali degli Stati Uniti, l’incremento più grosso dal 2010. A catena, questo rialzo dei rendimenti si è riversato subito sui costi dei mutui. Adesso un mutuo trentennale a tasso fisso ha un interesse del 4,52% e quindi è rincarato anch’esso di un punto in due mesi.
I mutui a tassi ridotti erano stati da un paio d’anni una delle ricette più efficaci per la ripresa americana. Anzitutto, la disponibilità di credito a buon mercato (a differenza da quanto accade in Europa) ha risanato il settore immobiliare che era stato il “buco nero” della crisi del 2008. I prezzi delle case hanno ritrovato in certe zone i livelli pre-crisi del 2007, con punte da “febbre degli acquisti” nelle metropoli più ricche come New York e San Francisco. Tutto l’indotto del settore edile si è rimesso in moto. Inoltre c’è stato un altro effetto benefico. In America è molto diffusa la consuetudine di rifinanziare un mutuo pre-esistente. Quando i
tassi sono scesi, il rifinanziamento a parità di rateo mensile equivaleva ad ottenere dalla banca una linea di credito aggiuntiva. Dunque dai mutui si è riversata nuova ricchezza spendibile per le famiglie e questo ha sostenuto anche i consumi. Ora quella fase sta volgendo al termine. Per i banchieri significa la fine di una macchina da profitti: la sola Wells Fargo ha guadagnato 2,8 miliardi nel business dei mutui per la casa. Ora si vedrà se la ripresa dell’economia reale Usa abbia altre gambe su cui viaggiare, o se era eccessivamente dipendente dalla “droga monetaria” della Fed. Una buona notizia, è che le famiglie americane hanno approfittato dei tassi eccezionalmente bassi per ridurre il proprio indebitamento e ricostituire i margini di risparmio: questo dovrebbe sostenere i consumi.
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