by Sergio Segio | 24 Luglio 2013 6:25
ROMA — I malumori dei cattolici del Pd, i diversi distinguo sul nodo del reato d’opinione, l’opposizione a oltranza di Lega e Movimento 5 Stelle, e la «spaccatura» interna al Pdl rischiano di mettere in forse l’approvazione prima della pausa estiva della nuova legge per il contrasto all’omofobia. Se non addirittura la calendarizzazione in Aula per dopodomani, venerdì 26 luglio. La «faticosa» mediazione cercata dal governo e trovata lunedì in serata in Commissione giustizia sembra essersi dissolta già 24 ore dopo. E la prospettiva è ora che il ddl approvato grazie all’emendamento a firma dei relatori Ivan Scalfarotto (Pd) e Antonio Leone (Pdl) approdi in un’Aula profondamente divisa su un testo che, per il Pdl, non è comunque «una priorità».
Sempre se quel testo riuscirà ad arrivarci in Aula, e non dovrà tornare di nuovo in Commissione per trovare una «migliore» formulazione. «C’è certamente modo di riflettere sui temi etici e sull’omofobia, oggi o in autunno, ma adesso c’è da salvare l’Italia», sono state le parole con cui il capogruppo del Pdl a Montecitorio Renato Brunetta ha spento gli entusiasmi. E fatto capire che il Pdl punta al rinvio. E il vicecapogruppo vicario Mariastella Gelmini avverte: «L’attuale testo della legge sull’omofobia, nonostante alcune modifiche apprezzabili introdotte in commissione, incontra ancora problemi non trascurabili. La versione finale — aggiunge — dovrà contemperare di certo il no ad ogni forma di discriminazione unitamente alla tutela della libertà d’opinione che rimane un principio fondamentale della civiltà liberale e della nostra Carta Costituzionale». Anche un membro pdl del governo, Nunzia De Girolamo, conferma: «Quando passerà la crisi economica potremo discutere di problemi etici».
Il capogruppo del Pd in Commissione, Walter Verini, invece, tiene il punto per il suo partito. «Per noi venerdì si va in Aula», ma ammette che bisogna pensare al passo successivo, «cioè al Senato, dove la maggioranza non è così ampia». Anche se per Verini a impedire di iniziare la discussione in emiciclo sarà eventualmente «solo l’ostruzionismo dei 5 Stelle sul decreto legge del fare».
L’emendamento passato in commissione riduce il testo a un solo articolo ed estende la legge Mancino sull’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali, anche alle motivazioni di omofobia e alla transfobia.
Ma a non essere stato superato è il nodo del diritto d’opinione che sono in molti nel Pdl, a cominciare Fabrizio Cicchitto, a ritenere non salvaguardato. Il timore avanzato da una larga parte del Pdl è che un domani si possa finire in carcere per aver sostenuto che il matrimonio tra omosessuali va contro i precetti cattolici. Il testo «è irricevibile per coloro che credono nel diritto naturale e nella libertà di opinione», è l’affondo di Maurizio Sacconi; mentre per Carlo Giovanardi si tratta di una legge «illiberale di ispirazione comunista». Netto anche il«no» di Eugenia Roccella e Alessandro Pagano, per i quali il ddl «viola i diritti dei parlamentari». A due giorni dalla prevista discussione in Aula, tuttavia,anche il Pdl si spacca in correnti diverse, come dimostrato dal secco botta e risposta tra il laico Giancarlo Galan («Roccella e Sacconi sono dei talebani») e la stessa Roccella, che lo accusa di dimostrare una «subalternità alla sinistra». E mentre sul nodo del reato d’opinione anche i cattolici del Pd si dicono pronti a presentare un emendamento che garantisca «la non punibilità di ogni manifestazione di convinzioni espresse nell’ambito del pluralismo di visioni», oggi i deputati democrat hanno risposto ai malumori bipartisan con uno spot in cui si afferma: «Finché non si approva una legge contro l’omofobia, saremo civili solo a metà».
Maria Antonietta Calabrò
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