Il capo del Pdci «Tanti i traditori Il sindaco di Firenze? Si può discutere»

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Come la mettiamo? «Sciogliersi mai. Aspettiamo il congresso di Rifondazione entro l’anno e speriamo di costruire con loro un partito del lavoro». Pure Vendola rimane un interlocutore: «Lo abbiamo votato alle primarie. Potrebbe essere il candidato della sinistra, ma se diciamo che è un comunista ci querela». E il Pd? «Alle elezioni Bersani è stato miope e arrogante. Non ci ha voluto perché aveva il vento in poppa». Se cambiasse l’orientamento del Pd, nessuna preclusione: «Non è detto che i renziani siano più liberisti del governissimo.

Non c’è un pregiudizio comunista su Renzi. Bisogna vedere il programma. Ma scriva che al momento con lui non c’è nessuna possibilità, se no i miei mi linciano». Che poi, quanti sono i suoi? «13 mila iscritti, soprattutto in Emilia, Lazio, Puglia, Calabria. Siamo extraparlamentari senza volerlo, comunisti di tutte le classi sociali, intellettuali, lavoratori e tra i pochi a mantenere l’organizzazione giovanile». Come da tradizione, si chiama Federazione giovanile comunisti italiani. «Ci sono cresciuto, impossibile chiudere la Fgci. Con me c’erano Borghini, D’Alema, Veltroni, Cuperlo, ma loro se ne sono dimenticati. È un gruppo che ha sbagliato analisi. Dopo la caduta dell’Urss speravano in pace e prosperità, invece ci fu la guerra in Jugoslavia. Da Berlinguer in poi nessuno ha migliorato il mondo del lavoro». Eppure sono tanti gli ex comunisti arrivati a destra. «Ce ne sono di più in Forza Italia che nel Pd. Chi è stato di estrema sinistra ha cercato una nuova identità forte. Se si ripete che ci si è sbagliati come ha fatto Occhetto, la diaspora è inevitabile. I percorsi dei Ferrara e dei Bondi non li criminalizzo anche per questo».

Per Procaccini, Rifondazione comunista colmò un vuoto: «Bertinotti, Cossutta e Diliberto fecero un percorso positivo. Rifondazione ha viaggiato anche a due cifre. Poi ci fu la scissione perché Bertinotti fece cadere Prodi e fallì la possibilità di costruire un partito di massa. Ora non so neanche che fine abbia fatto…».

Politica estera. Cuba è ancora un riferimento? «Un esempio per il mondo di resistenza a un assedio economico». Ma la dittatura? «Non c’è, c’è un sistema di socialismo inedito». E la Cina? «Un grande Paese con un’economia in evoluzione che ha risolto il problema della fame e contrasta l’egemonia del dollaro». Proviamo con la Russia. «Sempre un grande Paese che si sta ricostruendo. Il problema è la transizione del sistema. Il neoliberismo fa più guai di quelli che risolve. E non rinuncia a destabilizzazioni e guerre, come succede in Medio Oriente».

Francesco Rigatelli


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