Il ministro Bonino sotto pressione «No a prove muscolari»

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ROMA — La strategia di Emma Bonino non cambia, malgrado la pioggia abbondante di critiche caduta nelle ultime ore contro il suo dicastero, per la presunta immobilità del nostro ministero degli Esteri davanti alla protervia dell’ambasciatore kazako a Roma, Andrian Yelemessov, padrone in casa nostra nei giorni caldi del blitz a Casal Palocco e dell’espulsione ingiusta da lui ottenuta ad opera delle autorità italiane (solo tardivamente revocata) di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua, 6 anni.

La Bonino, perciò, continuerà a non chiedere formalmente la cacciata dell’ambasciatore kazako, «né tantomeno sta pensando di dimettersi lei stessa dall’incarico», chiariscono in modo inequivocabile fonti della Farnesina. Oggi, il ministro degli Esteri sarà a Bruxelles per una riunione con i colleghi dell’Ue: in agenda il Medio Oriente, l’Egitto, la Siria. Non il Kazakistan, almeno ufficialmente. La Bonino, però, di sicuro dirà «tutto ciò che ha da dire sull’argomento» — così promettono le fonti diplomatiche — dopodomani, mercoledì 24 luglio, al Senato, rispondendo alle interrogazioni dei gruppi parlamentari. Sarà quello il giorno in cui il ministro degli Esteri, a quanto pare, deciderà di togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe.

La strada, comunque, sembra ormai tracciata: «Prima che persona non grata per noi — esemplifica Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri, del Pd — Yelemessov deve diventare persona non utile per loro, cioè per i kazaki». Il governo di Astana, cioè, dovrebbe rendersi conto da sé dell’inopportunità di confermare l’ambasciatore in carica a Villa Manzoni, la sede romana di via Cassia della delegazione diplomatica del Kazakistan.

«Sarebbe sbagliato — continua il ragionamento il viceministro Pistelli — adottare in questo momento una strategia muscolare, da petto in fuori, per capirci, perché secondo il principio di reciprocità rischieremmo di trovarci un atteggiamento analogo da parte kazaka: se cacciamo il loro ambasciatore, cioè, loro potrebbero cacciare il nostro. Si guasterebbero così definitivamente i rapporti e il risultato finale sarebbe quello di lasciare la signora Shalabayeva in balìa del destino, difesa magari solo da qualche Ong locale. Invece la diplomazia italiana si sta impegnando molto a fondo per riuscire a sbloccare la situazione. Ricordo che anche nel caso dei nostri due Marò tuttora in India, all’inizio furono commessi degli errori proprio perché si cedette all’emotività. Invece, occorrono tempo e cautela».

Più o meno, questi, gli stessi ingredienti della ricetta che il nostro ambasciatore ad Astana, Alberto Pieri, va cucinando da giorni negli incontri al ministero degli Esteri del Kazakistan. Era circolata ieri la notizia che la sua presenza in quella sede fosse dovuta a una formale convocazione da parte del governo del presidente Nursultan Nazarbaev. Invece l’ambasciatore si è sempre mosso autonomamente, di sua iniziativa — come ha precisato in un comunicato la Farnesina — e anche nell’ultimo weekend ha avuto fitti colloqui riservati con i colleghi kazaki per assumere informazioni e chiarimenti sull’assai intricata vicenda Ablyazov. Sperando in un lieto fine.

Fabrizio Caccia


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