I delfini «persone non umane» non devono più finire negli acquari

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Una rivoluzione etica e concettuale che in Italia ha trovato sostegno da Lav, Marevivo e Enpa, e il consenso di personaggi noti come Giorgio Panariello, Licia Colò e Michela Brambilla. Inoltre, secondo un sondaggio, due italiani su tre sarebbero d’accordo di vietare detenzione e addestramento dei delfini.
La definizione di “persone non-umane” si basa sulla presenza di una personalità individuale, di una mente, di emozioni e infine di capacità culturali (il saper trasmettere tramite apprendimento nuovi stili di vita). Ebbene, secondo i più recenti studi tali prerogative sono presenti anche in altre specie, il che dovrebbe far rivedere il nostro modo di rapportarci con esse.
Quanto ai delfini, alcune recenti scoperte meritano di essere qui evidenziate. La prima è la loro capacità di attribuirsi un nome proprio. Prerogativa ritenuta solo umana ma ora dimostrata anche nei delfini tursiopi. Si tratta di questo: esemplari della baia di Sarasota in Florida non solo si sono attribuiti nomi propri, ovvero fischi individualmente identificativi, ma sanno anche riferirsi a un delfino non presente indicandolo con il fischio corrispondente al suo nome.
Infine, altra caratteristica nota dall’antichità ma ormai dimostrata vera è l’altruismo nei confronti dell’uomo. In acqua esseri umani in difficoltà vengano infatti aiutati dai delfini. Le loro esibizioni nei delfinari divertono, soprattutto i bambini. Sono però convinto che si possa far loro capire, e non solo a loro, come sia più forte l’emozione di incontrarli in mare e di ammirarli nuotare liberi, piuttosto che assistere a funambolismi ottenuti a un duro prezzo. Tenerli prigionieri non è davvero più accettabile.
Danilo Mainardi


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