Treni più lenti di 40 anni fa ecco come viaggia l’Italia dimenticata dall’Alta velocità
ROMA — Ventiquattro minuti in più tra Pescara e Roma, trentasei tra Lecco e Brescia e oltre un’ora e mezza tra Taranto e Reggio Calabria. Sette minuti in meno tra Milano e Ancona, trentatré tra Napoli e Roma, via due ore e passa tra Firenze e Bologna. Corre a due velocità l’Italia dei treni e cavalca i binari come fossero una fisarmonica: con tempi di percorrenza strizzatissimi lungo l’alta velocità oppure molto più dilatati di quarant’anni fa sulle altre tratte.
Sì, avete capito bene. Succede, per esempio, tra Messina e Palermo, dove oggi l’Intercity va a 74 chilometri all’ora e per raggiungere la destinazione ci mette ventinove minuti in più rispetto al Rapido del 1975. Che rapido, in confronto, era davvero: andava a 95 all’ora. Ma succede anche tra Brescia e Cremona, dove per fare 51 chilometri all’Espresso bastavano
quarantuno minuti, contro i cinquantatré che servono oggi al regionale più scattante.
Per scoprire lo stacco basta fare un confronto tra le pagine ingiallite di un orario ferroviario Pozzo datato 1975 e quello attuale. «Sembra assurdo, eh? Anziché andare più forte si va più piano». Ride in modo amaro Cesare Carbonari, 71 anni, sedici trascorsi a fare avanti e indietro ogni giorno sulla Torino-Milano e oggi nel coordinamento dei ventuno comitati pendolari del Piemonte. «Abbiamo sì l’alta velocità, ma nelle stazioni si arriva con le vecchie linee tradizionali e in entrata o in uscita si creano ingorghi, si allungano i tempi».
E se anche non tutte le tratte di oggi, avverte Trenitalia, sono paragonabili a quelle di allora, perché con più cambi o fermate, rimane il fatto che trentotto anni dopo un pendolare che da Roccasecca va ad Avezzano ci mette quattordici minuti in più; un turista sciatore che da Calalzo fa una puntatina su Venezia, otto; un impiegato che da Varese va a lavorare a Milano, due. E un villeggiante che da Torino ricerca un po’ d’aria di mare per arrivare a Savona impiega quattordici minuti in più: due 2 ore e 11 contro un’ora e 57 di fine anni Settanta. «E pensare che per velocizzare quella tratta ultimamente hanno soppresso alcune fermate, per guadagnare tempo» riflette il signor Francesco, ferroviere da oltre trent’anni. «Si immagina il disservizio? Chi vive a Moncalieri o a Trofarello, paesotti belli grandi con migliaia di abitanti, per andarsene in spiaggia deve prima passare per Torino». Uno spostamento da lumaca, rispetto ai tempi agili dell’alta velocità che ha tagliato tre ore di viaggio tra Milano e Roma, quarantaquattro minuti tra Milano e Torino.
«Andrebbe fatto un piano nazionale dei trasporti, lo chiediamo da anni» continua Carbonari. «Non solo sulle infrastrutture, ma anche sui materiali rotabili moderni, che consentano tra una stazione e l’altra di andare più veloce: ci sono più fermate, per salire e scendere dalle vetture con i gradini si perde tanto tempo. Come faccio a recuperare minuti se a trainare sono vecchi locomotori che vanno a 120 invece che a 160? Siamo utenti d’oro, paghiamo centinaia di euro l’anno, invece si investe solo per l’alta velocità ». «Sulla rete c’è poca manutenzione » fa eco il ferroviere Francesco, «ma costa tanto e va a finire che si fanno andare i treni più lenti. Poi si rompono e sopprimono la corsa».
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