Epifani: «Rimpasto? A settembre servirà un tagliando qualità»
ROMA — Finisce con un tutti a settembre. A settembre la verità sulla discesa in campo di Matteo Renzi. A settembre l’assemblea nazionale che avvierà la macchina congressuale del partito. E a settembre, annuncia Guglielmo Epifani ai microfoni del Tg3, «il tagliando di qualità sul governo».
Eppure, perché si finisca tutti a settembre, è necessario riavvolgere la pellicola a ieri pomeriggio. Quando Anna Finocchiaro esce dall’Aula del Senato con una faccia che è tutto un programma. E digrigna i denti. «Ma che gente è? Con che gente abbiamo a che fare?». I nomi, invece, li fa il senatore Stefano Esposito urlando al telefono prima che i cronisti abbiano il tempo di metterli insieme, i democratici che si sono astenuti sulla mozione contro Alfano. «Queste “belle fighette” che hanno voluto fare bella figura coi grillini di Twitter sono Walter Tocci, Laura Puppato e questa signora Ricchiuti, che è la “mammina” di Civati». Sono furibondi com’è furibondo anche Luigi Zanda, il capogruppo che s’era incaricato di attaccare Alfano con un «bellissimo intervento — sussurra Finocchiaro — scritto per tenere dentro tutti noi e per tirare al massimo la corda coi berlusconiani senza però spezzarla».
Lo strascico del caso Kazakistan, in casa Pd, è nella resa dei conti con la pattuglia di dissidenti alla quale però non si iscrivono i renziani, che votano insieme al gruppo. «Di come si sono comportati questi signori qua», insiste Esposito, «ne parliamo all’assemblea di mercoledì. Fosse per me, dalla Puppato in giù li manderei via. Che se ne vadano da Grillo, no?». Una tesi che lo stesso Epifani negherà, respingendo il ricorso al termine «espulsione» ma sottolineando che «ci sono comportamenti a cui tutti si devono attenere».
Eppure, i musi lunghi del Pd restano circoscritti ai pochi metri quadrati del Transatlantico di Palazzo Madama. Anche perché tanto Epifani, quanto soprattutto Enrico Letta, sono sicuri di essersi lasciati alle spalle un iceberg pericoloso. Che abbia funzionato il gioco di sponda tra il «pugno di ferro» con cui il premier (e Napolitano) hanno difeso il governo e il «guanto di velluto» con cui il segretario (e Zanda) hanno criticato Alfano, lo dimostrano due scene. Nella prima c’è il deputato Sandro Gozi, uno dei più critici con la gestione pd dell’affaire kazako, mentre ammette: «Rimane una storiaccia. Per il momento, ahimè, l’hanno risolta…». Nella seconda, invece, c’è il sorriso di Beppe Fioroni, una delle punte dell’ala «governista» del partito: «Signore e signori, il caso kazako è chiuso. Adesso vogliamo dedicarci a risolvere un po’ di problemi degli italiani o no?».
Dietro il ragionamento c’è il piano con cui la segreteria del Pd punta a proteggere il governo Letta dalle tensioni pre-congressuali. Un piano che può partire solo adesso. Adesso che l’iceberg della mozione anti-Alfano è alle spalle, adesso che Matteo Renzi s’è chiamato in disparte per qualche tempo. «Parliamoci chiaro — dice Fioroni — se non ci fermiamo in tempo, dopo il caso kazako ne spunteranno come funghi, di casi. L’unica cosa che dobbiamo fare è fermarci. Che si tengano pure i congressi locali a settembre. Per la sfida della segreteria, invece, aspettiamo almeno che il governo sia messo in sicurezza dall’avvio ufficiale della partita sulle riforme istituzionali».
È il segno che l’annunciata direzione del partito per ribadire la fiducia all’esecutivo potrebbe anche slittare di qualche giorno. Tanto, ammette il renziano Paolo Gentiloni, «ormai qua non c’è nessun matto che si prende la responsabilità di votare contro Enrico». Per adesso, forse basterà un passaggio del premier alla già programmata ricognizione di Letta con i parlamentari del suo partito, a inizio settimana. Il resto lo farà il fisiologico slittamento del percorso congressuale. Senza che nessuno tocchi nulla, a fine mese ci sarà il parlamentino del Pd che certificherà l’accordo sulle «primarie aperte». Per l’assemblea nazionale che accenderà la fiaccola delle assise, invece, bisognerà aspettare il mese clou . Settembre, appunto. Un cambio di passo già agli atti visto che Epifani, il 10 giugno scorso, aveva detto che si sarebbe tenuta entro un mese. Invece il 10 luglio è già passato, come passerà anche il 10 agosto.
E la quadratura del cerchio arriva con quel tagliando settembrino al governo, che Epifani annuncia proprio mentre tatticamente continua a insistere su un ministro dell’Interno che «abbia autorevolezza». A ragione o torto, sono tutti sicuri che il sindaco non opporrà resistenze. «Lo sapete — racconta Fioroni divertito — che quand’era da Mentana mi ha mandato un sms divertentissimo? C’era scritto “se non ci fossi io, Fioroni, dovreste inventarmi”…».
Tommaso Labate
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