Viareggio, in 33 a giudizio C’è anche l’ad delle Ferrovie
LUCCA — Ci sono tutti. Trentatré, per l’esattezza. Funzionari e tecnici, manager e dipendenti, uomini che lavorarono alla sicurezza e all’efficienza di quei vagoni o di quella rete ferroviaria. E c’è lui, Mario Moretti, amministratore delegato di Ferrovie, cavaliere del lavoro, super manager, che sempre aveva respinto con sdegno ogni accusa. Tutti rinviati a giudizio con ipotesi di reato gravissime se pur con diverse posizioni processuali: dal disastro ferroviario colposo all’incendio colposo, dall’omicidio e lesioni colpose plurime alle violazioni delle norme sulla sicurezza.
Il primo capitolo sulla strage di Viareggio, la notte del 29 giugno del 2009, si è chiuso ieri a Lucca davanti ai familiari delle trentadue vittime ancora una volta in corteo con le immagini dei loro cari. Il treno merci 50325 Trecate-Gricignano deragliò alle 23.48 e il gas gpl che fuoriuscì da una cisterna a contatto con l’ossigeno esplose inghiottendo quattordici persone. Altre diciotto sarebbero morte nelle ore, nei giorni e nei mesi successivi. Daniela Rombi vegliò per 41 giorni da un vetro del centro grande ustionati la figlia Emanuela di 20 anni e quando l’agonia fu terminata giurò davanti a quel corpo martoriato che verità e giustizia sarebbero state fatte. Così come Iby, la ragazza marocchina che quella notte ha perso i genitori, il fratello e la sorella: «Voglio giustizia, non vendetta».
I familiari delle vittime ieri hanno pianto e sorriso. Il primo a dar loro la notizia è stato Riccardo Antonini, il ferroviere licenziato da Ferrovie dopo aver deciso di fare il consulente di parte per i familiari delle vittime. «Adesso Moretti si dimetta», hanno chiesto i familiari e lo stesso ha fatto il Codacons, mentre il vice sindaco di Viareggio, Gloria Puccetti, ha proposto che a Moretti sia tolto il cavalierato.
L’ad di Ferrovie non ha voluto commentare; lo hanno fatto i suoi legali. «Confido che il processo potrà diradare i dubbi, quelli che hanno fatto prevalere la scelta dibattimentale — ha detto l’avvocato Armando D’Apote —. L’accusa si basa anche su una serie di questioni tecniche, come la velocità o le barriere protettive che, nel dubbio, il gup ha ritenuto opportuno vengano chiarite in dibattimento. Noi dubbi non ne abbiamo». E sulle richieste di dimissioni, il legale ha spiegato che essendo i reati di natura colposa «formalmente non ci sono ripercussioni sull’incarico di Moretti».
Ma quali sono i punti ancora da chiarire? Sostanzialmente due: se lo squarcio sulla cisterna e la fuoriuscita con la conseguente esplosione fu provocato da un picchetto (un sistema di regolazione delle curve, dal margine tagliente) come stabilito dai tecnici della commissione ministeriale la cui relazione è stata recepita ieri dal gup, oppure, come sostengono i periti del gip e i tecnici delle Ferrovie, da un elemento dello scambio. Il processo si apre il 13 novembre.
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