Allarme vendite per Lancia e Alfa E il gruppo Fiat giù in Europa del 13,6%

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E’ evidente che con queste cifre il futuro non potrà che essere migliore. Nei primi sei mesi di quest’anno in tutta Europa si sono vendute 36 mila Alfa (in gran parte Giulietta). A questo ritmo a fine anno saranno tante quante il marchio Peugeot ne vende in un solo mese. L’Audi vende dieci volte tanto.
«Il nostro obiettivo — ha dichiarato nei giorni scorsi Sergio Marchionne — è quello di entrare sui segmenti di mercato dove per troppo tempo i nostri amici tedeschi si sono goduti l’idillio». Se questa è la strategia, l’Alfa è inevitabilmente il punto di attacco. Pur in un mercato europeo che resta molto difficile (-6,3% è il dato diffuso ieri, ai livelli del ‘96) i brand di Torino soffrono più della concorrenza e a giugno sono scesi al 5,9% del venduto. Gran parte della quota in Europa si regge sul brand Fiat che vende 54 mila auto sulle 69 mila totali del gruppo, che ha perso n totale il 13,6%. Dei 15 mila pezzi rimanenti poco meno di 6.000 sono le Alfa, 6.500 sono le Lancia e poco meno di 2.000 sono le Jeep.
Fin dalla metà degli anni Novanta, la debolezza di Torino è soprattutto europea. Oltre la barriera delle Alpi il gruppo Fiat rappresenta il 3,4% del mercato, circa un nono di quel che vale in Italia. Con la paradossale conseguenza che dopo il matrimonio con Chrysler i suoi punti di forza sono il Nordamerica, il Brasile e l’Italia ma non l’Europa. In Brasile la Fiat vende poco meno di 700 mila auto all’anno, una cifra non lontana da quella che potrebbe vendere in Europa nel 2013. La differenza è che il mercato brasiliano vale 2,8 milioni di pezzi contro i 13 milioni di quello europeo.
In questo contesto generale la debolezza dell’Alfa è ancora più evidente. «I nostri progetti sull’Alfa Romeo sono top secret», ha dichiarato recentemente Marchionne. Da quel che si capisce, nel cassetto ci sarebbero un’ammiraglia, un suv da realizzare a Mirafiori e, soprattutto, la Giulia, l’auto che dovrebbe segnare il ritorno del Biscione negli Usa. Tutto per ora in stand by, in attesa degli sviluppi del mercato. Per il momento a Mirafiori la linea che realizza la MiTo lavora tre giorni al mese. Una situazione che allarma i sindacati. Il responsabile auto della Fim, Ferdinando Uliano, ha chiesto al governo «agevolazioni all’export» e la «riduzione del carico di tasse che oggi grava sull’auto» per far ripartire il mercato.
Per il deputato di Sel, Giorgio Airaudo, «la vera sfida sull’Alfa, se non è già troppo tardi, parte dall’investimento su Mirafiori, uno stabilimento tutt’altro che obsoleto, al contrario di quel che pensa il ministro Zanonato».

Non migliore la situazione del marchio Lancia che riesce a vendere in giugno circa 6.500 auto in tutta Europa ma che ormai, con l’eccezione della Ypsilon e della Delta, è costretta a prendere le sembianze dei modelli Chrysler.
Ancora una volta le amarezze europee sono compensate per il Lingotto dai successi Usa. E’ di ieri un articolo del New York Times
che racconta l’esempio virtuoso dello stabilimento di Jefferson North, nel cuore di Detroit, dove si produce la Jeep Grand Cherokee. «Il successo di Jefferson — scrive il quotidiano newyorkese — sfida i luoghi comuni dell’industria dell’automobile secondo i quali una fabbrica efficiente deve essere nuova e costruita in campagna in uno stato del Sud, come il Tennessee o l’Alabama».


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