Caso kazako, la Farnesina si difende «Non decidiamo noi le espulsioni»
ROMA — «È mancata la sensibilità. Il dissidente kazako è stato considerato solo come un latitante da arrestare e Alma Shalabayeva come la moglie di un ricercato». La spiegazione circola per i corridoi del Viminale. E non è l’unica. Il blitz a Casal Palocco è stato affrontato più come un’operazione di polizia che un caso da gestire con prudenza per scongiurare il rischio di un incidente internazionale. Che invece si è puntualmente verificato, innescando anche un pasticcio tutto italiano che ha messo il ministero dell’Interno contro gli Esteri, in difficoltà lo stesso governo, costretto a revocare dopo più di un mese l’espulsione della moglie di Mukhtar Ablyazov.
E ora proprio fra il personale del ministero di Angelino Alfano c’è la certezza che, da un momento all’altro, verranno presi provvedimenti contro chi si è occupato della questione e si analizza dove e perché sono stati commessi gravi errori. A rincarare la dose è stata ieri la Farnesina ribadendo che il ministero degli Esteri «non ha alcuna competenza in materia di espulsione di cittadini stranieri dall’Italia» e che «la sola prerogativa del dicastero è verificare l’eventuale presenza, nella lista di agenti diplomatici accreditati in Italia, di nominativi che possano essere di volta in volta segnalati dalle autorità di sicurezza italiane». E nel caso di Alma Shalabayeva «nessuna indicazione è stata fornita sui motivi della richiesta di informazioni sull’eventuale status diplomatico della signora». Un’altra presa di distanze da una vicenda intricata che sta provocando un terremoto negli equilibri politici.
Il ministro Alfano potrebbe riferire alle Camere giovedì prossimo. Quel giorno avrà già ricevuto dal capo della Polizia, prefetto Alessandro Pansa, i risultati dell’indagine interna al Viminale (Questura e Prefettura di Roma e Dipartimento di Pubblica sicurezza). Non si esclude che un’analoga iniziativa possa scattare al ministero di Giustizia per valutare il comportamento dei magistrati che si occuparono del caso: il giudice di pace al Cie di Ponte Galeria e al tribunale dei minorenni che decise l’affidamento della figlia alla Shalabayeva.
Intanto ieri la Questura di Roma ha smentito che la donna abbia subìto maltrattamenti durante il blitz a Casal Palocco. In un memoriale che ha fatto il giro del mondo la moglie di Ablyazov aveva descritto una notte di terrore a Roma — peggiore dell’accoglienza che le è stata poi riservata ad Astana dalle autorità kazake — con agenti che si spacciavano per «mafiosi, vestiti punk, con gli orecchini e i jeans strappati». «Mi hanno chiamata puttana russa, credevo volessero ucciderci e violentare i bambini. Hanno anche picchiato mio cognato», ha scritto la donna che ha poi aggiunto: «Chiesi asilo politico, ma un poliziotto mi disse: “È impossibile”».
Rinaldo Frignani
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