Più vicina la manovra d’autunno il governo cerca almeno 12 miliardi

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ROMA — Togliere gli italiani dall’incertezza e riformare l’Imu prima delle vacanze di agosto. Il ministro Saccomanni tira dritto, nonostante critiche e pressioni. E si prepara a scodellare cifre e tabelle sul tavolo della “cabina di regia”, allorquando giovedì prossimo governo e maggioranza proveranno a trovare una sintesi politica sull’Imu e la copertura alternativa per l’Iva. Nessuno però esclude che la «pluralità di opzioni», promessa da Saccomanni, sia tale non solo nel contenuto, ma anche nella tempistica.
In altre parole, se le soluzioni prospettate dai “tecnici” non saranno gradite dal Pdl (che come si sa chiede l’abolizione dell’Imu prima casa per tutti) o anche dal Pd, a quel punto sarà inevitabile un rinvio “politico” della pratica all’autunno. Quando in sede di legge di stabilità, l’ex finanziaria, tutti i nodi verranno al pettine: Iva, Imu, Tares, ticket sanitari (11 miliardi in quattro), cassa integrazione in deroga (1,4 miliardi extra, le Regioni sono già ora a secco), cuneo fiscale, precari della pubblica amministrazione, piano lavoro per i giovani, dismissioni del patrimonio.
Lo slittamento dell’Imu non è un’opzione, al momento. Potrebbe diventarla da giovedì in poi. I tecnici del Tesoro lavorano alla «rimodulazione» dell’imposta sulla casa, da tempo indicata da Saccomanni come l’unica via per alleviare famiglie con figli, senza fare sconti agli immobili di lusso. Benché questi, come risulta dai dati forniti al Parlamento dal ministero qualche giorno fa, siano appena 73.723 in Italia, imponibile medio pari a 499 mila euro, per un gettito totale di 163 milioni. Un’inezia (lo 0,7%) rispetto ai 4 miliardi e 82 milioni dell’Imu prima casa.
A seconda delle ipotesi, tutte ancora in campo – aumento delle detrazioni a 600 euro, legame con i metri quadri, aggancio al reddito misurato dall’Isee, ampliamento della platea “lusso” anche ad abitazioni signorili – un costo per lo Stato c’è: da un miliardo e mezzo a tre. Da coprire, dunque. Come? Per Saccomanni la strada è obbligata: tagli alla spesa. Un nuovo giro di
spending review, che si auspica non lineare, ma di certo neanche indolore.
Alternative? Poche, se non nessuna. Il ministro sa che l’Europa guarda, valuta, soppesa. E non vuole, né può, legare gli sconti Imu (al pari della sterilizzazione Iva) a poste aleatorie. Come una spesa per interessi sul debito (80 miliardi l’anno) meno esosa del previsto, se lo spread però tiene sotto i 300 punti (non scontato, vista la fiammata dopo il declassamento di Standard& Poor’s a BBB). Oppure un gettito fiscale da Iva inaspettato e legato ai debiti che lo Stato sta ripagando alle aziende (in 60 giorni sono stati mobilitati 8 miliardi, entro la fine di luglio saliranno a 14 su 20 totali).
A settembre il quadro potrebbe mutare. E consentire una riforma Imu davvero strutturale, anche se questo volesse dire spostare tutti i versamenti a dicembre. Intanto si rifaranno i conti, con la nota di aggiustamento al Def. A partire dal Pil per il 2013: il -1,3% stimato ad aprile sarà un -2. Questo significa allarme rosso per il rapporto deficit/ Pil, sopra il tetto del 3% forse di uno 0,2. Ovvero 3 miliardi di manovra d’autunno. Infine ad ottobre, quando si scriverà la legge di Stabilità, si verificherà l’efficacia di ecobonus edilizi e crediti P.a. Per capire se l’economia si muove o no.


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