Il silenzio imbarazzato della Farnesina per il «pasticcio» dell’esule kazako

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L’intervento del premier Enrico Letta ha bloccato sul nascere lo scontro nel governo sul «pasticcio kazako». La Farnesina tace, ma sotto traccia resta fortissima l’irritazione del ministro degli Esteri Emma Bonino per come l’operazione è stata condotta dal ministero dell’Interno guidato da Angelino Alfano. Il rocambolesco rimpatrio della moglie e della figlia di Mukhtar Ablyazov, con tanto di blitz in grande stile nella villetta di Casal Palocco (Roma), rimane per ora al centro dell’indagine «amministrativa» disposta dal presidente del Consiglio. Nei prossimi giorni si eviterà di porre la questione all’ordine del giorno («fuorisacco» compreso) del Consiglio dei ministri per evitare un altro corto circuito politico. Intanto si attende che sia fissata l’audizione di Arturo Esposito, direttore dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna) davanti al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), mentre ieri Adriano Santini, direttore dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) non ha fornito alcun elemento di novità.

Tra i ministri e tra molti parlamentari cresce il timore che la vicenda possa risolversi con «un’altra figuraccia internazionale dell’Italia» (parole di Emma Bonino). Per il momento non sono arrivate richieste ufficiali di chiarimento da parte delle istituzioni di Bruxelles. Potrebbe farsi sentire, invece, la protesta dell’Agenzia per i rifugiati della Nazioni Unite (Unchr). I nostri diplomatici segnalano che l’Alto commissario, il portoghese António Guterres, ha già preparato gli appunti per un intervento pubblico.

Ma basterà un discorso di Guterres per scuotere l’attenzione? Il presidente-autocrate del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, 73 anni, si sente al riparo. Con Silvio Berlusconi ha stretto un rapporto di amicizia e di confidenza (anche ludica a quanto si racconta). Ma non c’è solo il Cavaliere. La rete kazaka è fitta. La Gran Bretagna, per esempio. È il Paese che nel 2009 ha concesso asilo politico ad Ablyazov. Eppure il 30 giugno scorso il premier David Cameron era a fianco di Nazarbaev, proprio mentre veniva annunciato che da settembre sarebbe cominciata la produzione negli impianti petroliferi di Kashagan, il giacimento più promettente degli ultimi trent’anni, con riserve stimate in 35 miliardi di barili (l’Arabia Saudita ne ha 262, la Libia 46 tanto per avere un’idea).

Nazarbaev, 73 anni, padrone del Paese dal 1991. Amico di Berlusconi, ma interlocutore di riguardo dei governi di Francia, Olanda, Gran Bretagna, naturalmente Russia e, più di recente, Cina e India. Nazarbaev, ammiratore di Ataturk il fondatore della Turchia moderna, partner di affari dell’italiana Eni, ma anche dell’americana Exxon, della anglo-olandese Shell, della francese Total.

Petrolio, repressione interna, dinamismo e disponibilità nelle relazioni internazionali. Nazarbaev è munifico organizzatore di convegni sul «dialogo Est-Ovest»; abile tessitore di alleanze nelle organizzazioni internazionali, tanto da ottenere che il Kazakistan venisse prima ammesso come «osservatore» nell’assemblea parlamentare dell’Osce (56 Stati), per poi raggiungere addirittura la presidenza annuale nel 2010.

L’Italia ha spesso dimostrato di avere più facilità di dialogo rispetto ad altri. Il 5 novembre 2009, Finmeccanica e Ferrovie firmarono un programma di cooperazione per lo sviluppo del sistema ferroviario nel Paese, naturalmente alla presenza di Berlusconi e Nazarbaev. Nel 1997, quando l’autoritario presidente decise di spostare la capitale ad Astana, l’Italia guidata dal governo di Romano Prodi fu la prima nazione a trasferire l’ambasciata.

Giuseppe Sarcina


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