by Sergio Segio | 12 Luglio 2013 7:25
CITTÀ DEL VATICANO — Non ci sono soltanto gli adeguamenti rispetto al fianco scoperto interno alla Chiesa degli abusi sessuali, della pedofilia e della corruzione, ma anche quei profili che per la prima volta scavalcano, e di molto, l’Italia e le sue norme: l’abolizione dell’ergastolo, sostituita con la pena della reclusione da 30 a 35 anni, e l’introduzione del reato di tortura. Sono le nuove disposizioni contenute nella lettera apostolica in forma di Motu Proprio con la quale papa Francesco riforma il sistema penale della Santa Sede. Un giro di vite che dopo lo scandalo Vatileaks riguarda non solo gli ecclesiastici, ma tutto il personale anche laico alle dipendenze della sede apostolica, organizzazioni collegate incluse.
Lo stesso Vaticano rimasto indietro rispetto alla maggioranza degli Stati laici nel mettere al bando la pena di morte (venne introdotta oltre Tevere soltanto nel 2001) scavalca oggi l’Italia nell’introdurre il reato di tortura, non ancora previsto dalle nostre leggi, e nel cancellare dal proprio ordinamento l’ergastolo. Anche se oltre Tevere l’ergastolo non è mai stato sanzionato, la nuova disposizione è fortemente simbolica perché dice che per il Papa nessuna pena è irrevocabile. Del resto, Francesco l’ha sostenuto più volte: «Siamo tutti peccatori. Non c’è nessun peccato per il quale non è possibile il perdono divino, anche per i non credenti».
Sono da gigante i passi in avanti che Francesco sta facendo compiere alla sua Chiesa. Se ne sono accorti ieri anche i politici italiani con reazioni contrapposte. «È arrivato il momento che anche il nostro Paese affronti senza preclusioni e contrapposizioni una questione che non riguarda l’appartenenza politica di ciascuno di noi ma proprio il senso di umanità», dice Roberto Speranza, presidente dei deputati Pd. Gli risponde il presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: «Evidentemente ai democratici non basta aver portato a casa un indulto mascherato che fa pagare ai cittadini il sovraffollamento carcerario rimettendo in libertà migliaia di condannati per reati gravi come rapine, incesto, crollo doloso: ora propongono anche di cancellare l’ergastolo». Le nuove disposizioni vaticane non sono tutte farina del sacco di Francesco. Esse arrivano in scia a un’azione intrapresa da Benedetto XVI nel 2010. La legislazione era ferma al Codice Zanardelli, adottato nel 1929 all’indomani dei Patti Lateranensi che istituirono la Città del Vaticano. Per questo, ad esempio, Paolo Gabriele, il maggiordomo infedele di Ratzinger, fu giudicato dieci mesi fa solo per il reato di furto, l’unico applicabile al suo caso nelle norme in vigore che non prevedevano l’attentato alla sicurezza dello Stato.
Nelle norme penali varate da Francesco è compresa un inasprimento delle pene per i delitti contro i minori tra i quali la vendita, la prostituzione, l’arruolamento e la violenza sessuale in loro danno; la pedopornografia; la detenzione di materiale pedopornografico; gli atti sessuali con minori. Nella lotta agli abusi potranno essere per la prima volta perseguiti non soltanto gli officiali e dipendenti della curia romana, ma anche i nunzi apostolici e il personale di ruolo diplomatico della Santa Sede, nonché i dipendenti di organismi e istituzioni collegati alla Santa Sede indipendentemente dal fatto che si trovino sul territorio vaticano.
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