«Niente colpi di testa» L’idea di un appello rivolto agli elettori

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L’unica concessione ai falchi del suo partito, alla linea barricadera della «pitonessa» Daniela Santanchè e dell’amico di una vita Denis Verdini, è quella di lasciargli le mani libere «solo» sui provvedimenti economici. Per il resto niente. «Niente di niente», ripete Silvio Berlusconi aprendo i lavori dell’ufficio di presidenza del partito. E la forza con cui il Cavaliere chiude la porta a qualsiasi tipo di dibattito interno è il segno, come dirà a fine giornata un ministro del suo partito, che «la linea adesso Berlusconi la prende da una sola persona». Dall’avvocato Franco Coppi. «Punto e basta».

Dicono che la ferma opposizione a qualsiasi tipo di «lotta politica» non nasca dalla generica intenzione del legale berlusconiano di giocarsi le ultime carte mostrando il volto «istituzionale e pacifico» del Cavaliere. Piuttosto, dietro un Berlusconi che aspetta il 30 luglio come la più pacifica delle colombe, c’è l’incubo di una scena su cui lui, il collegio di difesa e i suoi ministri avrebbero riflettuto negli ultimi giorni. Una scena che rimanda a una via di mezzo tra il lancio delle monetine contro Bettino Craxi del 1993 e il finale del Caimano di Nanni Moretti. Da qui una domanda. Che cosa succederebbe se il 30 luglio, nei pressi del Palazzaccio, si ritrovassero a fronteggiarsi gruppi più o meno consistenti di berlusconiani e pattuglie più o meno organizzate di antiberlusconiani? E la risposta rimanda al più oscuro dei presagi.

Da qui l’indicazione netta di respingere al mittente tutti i suggerimenti che il tandem Santanchè-Verdini aveva fatto arrivare al Capo dopo il lunghissimo round di assemblee tra parlamentari. Dall’«ipotesi di bloccare il Paese cominciando dalle autostrade» proposta quarantott’ore fa dalla «pitonessa», alla suggestione di «spaccare gli italiani a metà» ventilata dal coordinatore toscano del partito. Sono idee che, nella mente di Berlusconi, forse potranno essere giocate come carte della disperazione nel caso in cui la Cassazione confermasse la sentenza. Ma, è il ritornello ossessivo dell’ex premier, «prima del 30 luglio non deve succedere niente».

Ed è anche per questo, forse, che nella war room berlusconiana c’è chi pensa all’ipotesi che il Cavaliere scriva nelle prossime settimane una lettera al suo popolo invitandolo a mantenere la calma e a tenersi distante dalla tentazione di ricorrere a manifestazioni, anche spontanee, di piazza. Tra l’altro, gli stessi sondaggi sullo stato di salute del Pdl che Berlusconi ha mostrato ieri ai suoi («Siamo al 28,1, davanti al Pd. Mente Grillo è crollato al 15,9») sarebbero la prova che le larghe intese e il clima di pacificazione «fanno più bene a noi che al Pd, un partito nel quale si nascondono i veri nemici del governo Letta».

Che la versione del «Berlusconi colomba» sia autentica, almeno fino al 30 luglio, lo dimostrano altri fattori. La scelta di smentire le voci dal sen fuggite (e poco lusinghiere) su magistratura e governo. E poi la voglia di sostenere i «referendum sulla giustizia promossi dai Radicali», offrendo tra l’altro un supporto logistico e politico. E il fatto che il fronte dei falchi si sia ridotto a dismisura, come se fosse l’antipasto del congresso fondativo della nuova Forza Italia. Daniele Capezzone — convinto sostenitore della tesi secondo cui «Berlusconi debba reagire al golpe con la nonviolenza, come Gandhi» — ha cambiato linea. E così anche Renato Brunetta, che tolta la dichiarazione di ieri l’altro «sui tre giorni di sospensione del Parlamento» si muove più per sminare il terreno dell’esecutivo, più che per attaccarlo.

«Fino al 30 ci muoviamo così. Rimaniamo fermi», ripete Berlusconi prima di chiudere i lavori dell’ufficio di presidenza del Pdl e di improvvisare una visita alla nuova sede del partito. Scattano tutti insieme anche una foto ricordo. Sorride Verdini e sorride Santanché. Sorride Maurizio Lupi e sorride anche Angelino Alfano. Forse sorride, anche se nascosta in seconda fila, anche Maria Rosaria Rossi. Il sorriso più tirato è proprio il suo, quello di Silvio Berlusconi. Anche perché sa che il 30 luglio può succedere di tutto. I solitamente affidabili bookmakers inglesi ritengono tra l’altro più probabile l’annullamento della sentenza che la conferma della condanna. Molto più facile, dopo l’arretramento dei falchi, prevedere quello che sarà della prossima Forza Italia. Un partito che forse nascerà con tre possibili leader. Un leader di governo, Angelino Alfano. Un leader di lotta, identikit a metà tra Marina e Barbara Berlusconi. E un leader-leader, che è quello di sempre. Ovunque sarà.

Tommaso Labate


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