I 63 nuovi magistrati assegnati a un tribunale che non c’è

by Sergio Segio | 11 Luglio 2013 7:41

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«Chi spartisce gioisce», assicura un vecchio adagio. Ma il ministero della Giustizia non la pensa così. E potendo distribuire nei vari uffici giudiziari d’Italia, da Vipiteno a Lampedusa, solo 69 nuovi magistrati, ne ha mandati 63 a Napoli Nord e 6 a Spoleto. Gli altri? Ciccia. Risultato: mugugni generali. Tradotti dagli avvocati veneti in un ricorso per fare annullare tutto. Tanto più che il nuovo tribunale di Napoli Nord fisicamente non esiste.
Che l’area a settentrione del capoluogo campano abbia bisogno di una giustizia che funzioni è fuori discussione. Il territorio del nuovo tribunale di Napoli Nord istituito nel settembre 2012 a Giugliano in Campania raggruppando vari uffici, infatti, è uno dei più difficili d’Italia e dell’intera Europa. Basti dire che comprende Aversa e Casal di Principe, Casapesenna e Marano. Tutti centri ad altissima densità camorristica e dominati dai casalesi e dai loro alleati. Che lo Stato decida di investire una forza d’urto in quella zona è assolutamente doveroso. E nessuno si sogna di metterlo in discussione.
Quello della camorra, della ‘ndrangheta, della mafia, è però solo uno (sia pure gravissimo) dei problemi del Paese. Un altro, anche se viene spesso trascurato (le sparatorie e i cadaveri colpiscono di più) è la lentezza micidiale della giustizia che si tira dietro un mucchio di problemi economici. Un esempio? L’avvocato milanese Susanna Zimmaro ha appena avvertito il collega trevigiano Paolo Iadanza d’avere ricevuto un assegno di 497,54 euro da girare a Giovanni Borgato, cliente del legale veneto, per il fallimento di un’azienda finito in tribunale nell’estate del ‘94. Spiritosa e amara, la Zimmaro scrive: «Nel frattempo mia figlia, che all’epoca aveva pochi mesi, si è iscritta all’università. Per fortuna non a giurisprudenza…».
Sono anni e anni che gli economisti denunciano come la lentezza dei processi scoraggi gli investitori stranieri. L’ambasciatore americano Ronald P. Spogli arrivò a mandare una lettera accorata spiegando che nessuno mette soldi dove «le regole sono imprevedibili». Perché mai un imprenditore dovrebbe rischiare, in caso di una truffa, ad esempio, di essere parzialmente risarcito dopo 19 anni?
Ed è questo il motivo per cui gli avvocati del Nord-Est, una delle aree di traino dell’economia italiana, danno battaglia da un sacco di tempo sulla necessità che la macchina giudiziaria nell’area venga finalmente rafforzata. Non c’è azienda che possa sopravvivere in una situazione in cui le prime udienze di qualche processo civile vengono fissate dopo tre anni con qualche caso limite di udienze rinviate, a Venezia, al 2018. A maggior ragione da quando la zona, in questi anni di crisi, è stata pesantemente infiltrata da uomini proprio della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta. Basti dire che l’anno scorso un emissario dei Casalesi, Mario Crisci, processato a Padova, spiegò che avevano deciso di investire nel Nord-est «perché qui il tessuto economico non è così onesto» in quanto «la gente non ha voglia di pagare le tasse» e che i camorristi avevano trovato «commercialisti e notai» disponibili che «parlavano la lingua del posto».
Come è possibile che una provincia come Vicenza, che già vent’anni fa esportava da sola quanto la Grecia, abbia ad esempio due soli giudici del lavoro una delle quali accusata dagli avvocati di rinviare gran parte dei processi (processi che riguardano la vita stessa di tanti lavoratori) all’anno prossimo o fra due anni quando magari lei sarà in pensione?
Va da sé che, quando finalmente l’ultimo concorso ha sfornato 69 nuovi magistrati, i veneti hanno pensato che fosse arrivato il momento di questo rafforzamento. Tanto più che «un poderoso studio istruttorio condotto originariamente dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Giudiziaria», Luigi Birritteri, aveva detto l’anno scorso che se qua e là di magistrati ce n’erano addirittura troppi rispetto alla popolazione e ai problemi locali, il Veneto aveva complessivamente bisogno di almeno 18 giudicanti e 5 requirenti.
Macché: non ne è arrivato neppure uno. Con una decisione presa nel giro di poche ore dal Csm e dall’allora ministro della Giustizia Paola Severino il 18 aprile scorso, quando praticamente nessuno se ne accorse perché quel giorno tutta l’Italia aveva gli occhi puntati sul clamoroso tracollo della candidatura di Franco Marini alla presidenza della Repubblica, i 69 magistrati a disposizione furono ripartiti, come abbiamo spiegato, così: 63 a Napoli Nord e 6 a Spoleto. Altra scelta imperscrutabile. Nel resto d’Italia: zero carbonella.
Avuta la notizia, gli avvocati veneti si sono consultati, si sono arrabbiati, si sono decisi a presentare un ricorso al Tar del Lazio firmato da Antonino Galletti per conto del Presidente dell’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati, il veronese Antonio Francesco Rosa. Ricorso che, riassumendo le difficoltà dell’area nordorientale, denuncia come ancora una volta «è stata privilegiata la scelta di una “ridistribuzione” non funzionale a parametri collegati al bacino di utenti e all’effettivo carico di lavoro dei magistrati, ma esclusivamente legata all’esistente e alla stratificazione “storica” del contenzioso, spesso frutto di dati inattendibili per artificiosi comportamenti o strumentale utilizzo del concetto di “carichi pendenti”». E che tutto resta fermo «alle piante organiche degli anni 60/70, epoca in cui il Veneto era considerata una realtà ad economia prevalentemente agricola e non industriale». Traduzione: che ne sanno, a Roma, che il Nord-Est da decenni non è più la terra della polenta?
Di qui la collera e la richiesta di un immediato annullamento della scelta: «Napoli Nord ha quintuplicato il proprio organico, avendo ricevuto ben 80 magistrati, 63 dei quali immessi ex novo nelle piante organiche nazionali»? Bene: applicando il criterio usato per tutti gli altri, per quanto «illogico e irrazionale, oltre che violativo della Costituzione e della legge», la nuova sede «avrebbe dovuto avere solo 17 magistrati e non 80». Di più: «Dalla lettura degli atti emerge che l’incremento di nuovi magistrati presso tale sede è avvenuto solo e unicamente in quanto trattasi di una sede neo costituita, nonostante anch’essa, al pari di tutte le altre, è la risultante di una serie di sedi distaccate soppresse e accorpate (Aversa, Afragola, Casoria, Frattamaggiore, Marano di Napoli)». Ma «quali sono i motivi e le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a “iniettare” nuove risorse in gran parte solo per la sede di Napoli Nord?».
Il colmo è che gli avvocati veneti, a leggere il ricorso, non sono a conoscenza dell’aspetto più paradossale della vicenda. E cioè che il tribunale di Napoli Nord non esiste. O meglio: esiste solo sulla carta. La sede dove dovrebbero andare a installarsi quei nuovi magistrati, infatti, non è ancora stata individuata. Dal lontano 1999 il luogo prescelto avrebbe dovuto essere Giugliano ma il Comune non ha mai trovato il tempo di individuare il terreno o l’edificio dove piazzare gli uffici giudiziari. Tanto che a un certo punto, ricordano i cronisti napoletani, i magistrati lì destinati chiesero di essere trasferiti altrove perché non avevano manco una scrivania. Cosa che rischia di ripetersi anche oggi.
Stando alle ultime novità, vista l’impraticabilità di ogni soluzione a Giugliano (dove ancora ieri una lettera firmata da 31 parlamentari di tutti i partiti invitava a tornare) la guardasigilli Anna Maria Cancellieri avrebbe deciso di sistemare il nuovo tribunale di Napoli Nord nella ex scuola di Polizia Penitenziaria di Aversa. Che però è in provincia di Caserta. E non solo le indagini sulla camorra casertana a questo punto verrebbero spezzettate un po’ di qua e un po’ di là tra Napoli Nord e Santa Maria di Capua a Vetere ma, come spiega il giudice di Cassazione Raffaele Cantone, originario proprio di Giugliano, «quella ex scuola prescelta è una grande e bella villa che però deve essere adattata al nuovo uso e ha il difetto, tra gli altri, di essere nel pieno centro della città senza un solo parcheggio nonostante sia facile prevedere l’afflusso di sei o settecento auto al giorno». Auguri.

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