«Ora non rompiamo». Alfano frena i falchi

by Sergio Segio | 11 Luglio 2013 6:31

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ROMA — «Altro che manifestazione di piazza. Qua dobbiamo bloccare il Paese. Abbiamo il dovere di rispondere al golpe contro la democrazia. Io propongo di chiamare a raccolta la nostra gente per iniziare a bloccare le autostrade». Quando Daniela Santanchè teorizza il superamento delle forme di protesta «classiche» dei berluscones, e siamo a metà pomeriggio di ieri, qualche decina di parlamentari del Pdl strabuzza gli occhi. Ed è quello l’esatto momento in cui tra le truppe di Silvio Berlusconi tutto, a cominciare dalla distinzione tra «falchi» e «colombe», si trasforma in qualcosa di nuovo. Di inedito.

Il conto alla rovescia verso l’ora X del 30 luglio, giorno in cui la Cassazione si riunirà per decidere i destini del Cavaliere, è cominciato. Le riunioni dei gruppi parlamentari del Pdl si sono trasformate in vere e proprie assemblee permanenti. E tutto, nel chiuso delle stanze in cui i berluscones si riuniscono, assume i tempi e i toni di un gabinetto di guerra.

E così ieri sera, quando il gruppo di Montecitorio scioglie la sua ultima riunione della giornata, nelle mani di Angelino Alfano ci sono tre carte da sottoporre a Berlusconi. Il «blocco delle autostrade», caldeggiata da Santanchè. Una «manifestazione di fronte al Quirinale» e le «dimissioni in massa dal Parlamento», che ritornano come un mantra in moltissimi interventi dei falchi. Più un’idea rilanciata da Daniele Capezzone. «Dobbiamo muoverci con la non violenza. Berlusconi dovrebbe reagire come fece Gandhi con la marcia del sale», scandisce il portavoce pidiellino evocando la grande manifestazione pacifica con cui nel 1930 il «Mahatma» contrastò la tassa sul sale imposta all’India dal governo britannico. Una soluzione che, nel ragionamento di Capezzone, impone una sola strada: «Tutti noi, a cominciare da Berlusconi, dobbiamo firmare i referendum sulla giustizia promossi da Marco Pannella e dai Radicali. E farlo subito».

Ma le tecniche di «lotta» sono una cosa. Il punto centrale, quello su cui lo scontro sottotraccia nel Pdl è sul punto di esplodere, riguarda il sostegno al governo. Blindare le larghe intese o staccare la spina al governo Letta prima del 30 luglio? «Dobbiamo proteggere il governo», è l’argomentazione di Fabrizio Cicchitto aveva sviscerato in piena notte, nell’assemblea che si era svolta fino alle 2 di ieri mattina. «Perché vedete», aveva aggiunto l’ex capogruppo rivolgendosi ai suoi colleghi, «l’attacco finale a Berlusconi nasce da una serie di poteri forti a cui l’intuizione del presidente di sostenere le larghe intese non va bene. Con noi dentro questo governo ha una sua grande forza politica. E questo, a qualcuno, non sta bene…». Apriti cielo. Cicchitto non aveva fatto neanche a tempo a finire la frase che Denis Verdini, il vero capo dei «falchi», aveva reagito opponendogli una teoria uguale e contraria: «Ma che cosa dici, Fabrizio? L’attacco a Berlusconi nasce nel 1994, mica oggi. E Fini? E Tremonti? E Monti? Sono robe di queste ultime settimane?».

Nelle stanza in cui il gruppo è raccolto l’atmosfera si surriscalda fino a diventare rovente quando proprio Verdini, sempre nella riunione notturna, aveva suggerito una linea che va molto più in là del showdown parlamentare: «L’unica risposta possibile a quest’aggressione nei nostri confronti è provocare uno stato di crisi permanente. Dobbiamo spaccare — sillaba Verdini — il Paese in due». «Dimettiamoci in massa, facciamo cadere il governo, andiamo alle elezioni e vinciamole», aveva suonato la carica Giancarlo Galan. Il tutto a contorno di una scena in cui Renato Brunetta, nel tenere la relazione introduttiva sul «golpe contro Berlusconi», era improvvisamente scoppiato a piangere.

E dire che poco prima Angelino Alfano aveva tentato una sintesi: «Poniamoci delle domande per il Paese. Chiediamoci perché la giustizia va veloce solo se c’è di mezzo Berlusconi. Raccogliamo idee…». «Angelino — era stata la replica stizzita dalla Santanchè — se t’interessa la mia idea, sappi che vorrei che il partito avesse la mani libere di agire indipendentemente dal governo».

Tema che sarebbe ritornato al vertice notturno di ieri sera a Palazzo Grazioli, lo stesso in cui Silvio Berlusconi avrebbe scongiurato, almeno per adesso, tanto la crisi di governo quanto le proposte dei falchi, in omaggio a una line soft caldeggiata anche dall’avvocato Coppi. Nell’ottica del Cavaliere, e queste sono le regole di ingaggio, affidate al segretario del Pdl, la strada maestra è quella di mantenere la barra dritta sui provvedimenti economici cari al Pdl, a cominciare dall’abolizione dell’Imu sulla prima casa fino ad arrivare allo stop sull’Iva. Tutto questo mentre le lancette dell’orologio girano sempre più veloce. E mentre il 30 luglio si avvicina. Inesorabilmente.

Tommaso Labate

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