Renzi e l’«asse» con Bettini Piano Roma per la segreteria

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ROMA — Adesso, quando gli chiedono del modello di partito che ha in mente, Matteo Renzi cita espressamente «il documento di Goffredo Bettini». Per non parlare dei renziani. Come Graziano Delrio, ministro degli Affari regionali, che rimarca la necessità di «far ragionare i circoli sui contenuti» e rimanda «all’iniziativa di Bettini». O come Angelo Rughetti, deputato vicinissimo al sindaco di Firenze, che giudica l’iniziativa di Bettini «un contributo chiaro e condivisibile in cui si immagina un Pd 2.0, che discute con la società e che individua forme di partecipazione nuove».

Trattandosi del nome tutelare del centrosinistra romano, dell’inventore del «modello» col quale hanno amministrato la Capitale tre degli ultimi quattro sindaci (Francesco Rutelli, Walter Veltroni e adesso Ignazio Marino), è evidente che dall’asse con Bettini Renzi vuole tirar fuori un «piano Roma».

Per il sindaco di Firenze, la Capitale è sempre stata un tallone d’Achille. Alle primarie dell’anno scorso Renzi prese poco meno di 45 mila voti (pari al 29,7 per cento) a fronte dei 106 mila finiti a Pier Luigi Bersani (70,3). Per non parlare della disfida per la scelta del candidato sindaco, in cui l’uomo «benedetto» da Renzi — e cioè Paolo Gentiloni — si era fermato al 15 per cento, al terzo posto dietro Ignazio Marino e David Sassoli.

Da allora, nonostante i pochi mesi trascorsi, sembra passata un’era geologica. E Renzi, che sta costruendo sul territorio nazionale una «rete» fatta soprattutto di sindaci e amministratori locali, su Roma non vuole rimanere indietro.

Da qui il dialogo con Bettini, che ieri ha presentato il suo «contributo al confronto congressuale» corredandolo di firme che vanno molto al di là dei futuri schieramenti congressuali. Lo firmano il prodiano Sandro Gozi e l’ex candidata alle primarie Laura Puppato, il renziano Ivan Scalfarotto e il sindaco di Bologna Virginio Merola, la senatrice aquilana Stefania Pezzopane e il vicepresidente del Parlamento europeo Gianni Pittella, più alcune colonne del Pd romano capitolino come Michele Meta e Roberto Morassut. Senza dimenticare la società civile, il punto forte di Bettini. E cioè la capacità di mettere insieme l’imprenditore Andrea Mondello e il dirigente della Cgil Beniamino Lapadula, il filosofo Giacomo Marramao e l’architetto Stefano Boeri.

Alla presentazione del documento bettiniano, che immagina la trasformazione del Pd da «partito gassoso» a «partito senza correnti in cui le decisioni vengono prese dal basso», sfila anche un pezzo di partito che con Renzi non ha nulla a che fare. Come il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, schierato con Gianni Cuperlo, e Marianna Madia. Ma è l’area dei renziani a presentarsi in massa all’appuntamento che Bettini fissa a mezzogiorno a due passi da Montecitorio. Arriva il ministro Delrio, e spiega che «Renzi segretario darebbe più forza al governo». Si affacciano Paolo Gentiloni, Lorenza Bonaccorsi e Francesco Bonifazi. Bettini, che comunque spiega che il documento sarà rivolto a tutti i candidati alla segreteria, lancia più segnali nei loro confronti. Lo fa quando dice che «come candidato premier Matteo lo voterei subito». Ma lo fa soprattutto quando, a riunione terminata, lascia intendere che il suo vecchio consiglio al sindaco di Firenze di lasciar perdere il partito è ormai superato. «Se Renzi farà il segretario, sarà più forte nella corsa alla premiership. E questo mi pare evidente». Com’è evidente che, nel caso in cui si formalizzasse il suo sostegno alla corsa di Renzi («Adesso è presto, non è il momento di forzare»), la dote che Bettini porterebbe al Rottamatore cambierebbe i rapporti di forza a Roma. Al punto che, tra i sindaci che in autunno lanceranno la volata renziana, potrebbe anche spuntare il nome di Ignazio Marino. Che si andrebbe ad aggiungere quello di altri big, come il sindaco di Bologna Virginio Merola o quello di Bari Michele Emiliano, pronti a sposare la causa del primo cittadino di Firenze.

«Io sono concentrato sulle idee, più che sulle persone. E Renzi è l’unico che potrebbe far camminare delle idee nel Pd», lascia intendere Bettini. Che, tra le altre cose, cita «anche la battaglia per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, su cui sono d’accordo con lui». Ma il pallino fisso dell’ex coordinatore del Pd all’epoca di Veltroni è «la sconfitta del correntismo». Lo stesso di Renzi, con cui Bettini condivide anche qualche nemico. A cominciare dagli ex popolari e dal tandem Franceschini-Fioroni e da Pier Luigi Bersani, che saranno comunque schierati dalla parte opposta della barricata rispetto a «Matteo».

Tommaso Labate


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