Fiat, la Consulta dà ragione alla Fiom

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ROMA — La Corte Costituzionale dà ragione alla Fiom: un sindacato non può essere escluso dalla rappresentanza in azienda solo perché non ha firmato il contratto in vigore. Lo prevede l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, ma quella norma – precisa la Consulta – è illegittima.
Landini quindi, vince un round contro Marchionne: la questione, infatti, nasce da un ricorso fatto dalle tute blu della Cgil ai tribunali di Torino, Modena, Vercelli contro la decisione della Fiat di non far entrare i delegati Fiom nelle Rsa (la rappresentanza sindacale aziendale) perché non firmatari del contratto siglato invece da Cisl e Uil. Decisione prevista dallo Statuto dei Lavoratori, ma che il sindacato riteneva lesiva del principio solidaristico, d’uguaglianza e di libertà.
La Corte, chiamata in causa, ha ravvisato tali incostituzionalità: i sindacati, ha sentenziato, hanno diritto alla rappresentanza anche se «non firmatari dei contratti collettivi» purché abbiano partecipato «alla negoziazione relativa ai contratti stessi». Fiom quindi – in virtù di questa sentenza – rientrerà negli stabilimenti Fiat dalla quale era stata esclusa, Pomigliano in primis. E di fatto, con tale pronuncia viene a cadere anche l’«escamotage» creato dalla Fiat che – non facendo più parte di Confindustria – non era tenuta nemmeno a rispettare gli accordi sulla rappresentanza sindacale firmata poche settimane fa da Squinzi, Cgil, Cisl e Uil.
Per Maurizio Landini, leader delle tute blu della Cgil «questa è una vittoria per tutti i lavoratori». «La Costituzione rientra in fabbrica – ha detto – La Corte ha sancito che il sistema su cui Fiat ha costruito tutto è illegittimo: il Lingotto ne prenda atto e volti pagina. Basta discriminazioni». Ma la portata della sentenza, precisa la Cgil, va al di là del caso Fiat. «La questione riguarda anche il contratto del commercio, firmato separatamente – precisa Elena Lattuada, segretario confederale del sindacato – ed ha un valore enorme nelle relazioni industriali perché ripristina le condizioni affinché i sindacati possano far valere il loro diritto alla contrattazione».
La Fiat, con una nota, «prende atto della pronuncia», ma sottolinea come «con questa decisione» la Corte abbia «ribaltato l’indirizzo che la stessa aveva espresso nelle precedenti numerose decisioni sull’argomento nei diciassette anni durante i quali è in vigore l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori nella sua attuale formulazione ». «Viste le incertezze sollevate – il gruppo di Torino – rimette piena fiducia nel legislatore affinché definisca un criterio di rappresentatività più solido e più consapevole delle delicate dinamiche delle relazioni industriali ». Marchionne chiede quindi che il Parlamento faccia una legge ad hoc e sposta la partita in campo politico. Schierato al suo lato trova la Fismic (sindacato che Fiom considera «giallo»), convinto che la sentenza non cambi nulla perché le tute blu Cgil «non hanno mai partecipato agli incontri per i rinnovi contrattuali ». Anche Fim-Cisl fa notare che dalla pronuncia «emergono contraddizioni» e teme il «paradosso » che ora la Fiom possa avere più rappresentanze che iscritti. Dal Parlamento risponde Giorgio Airaudo, ex Fiom oggi deputato Sel: «Questa è la dimostrazione che la Fiat, cercando di eliminare la Fiom dalle fabbriche, ha perso tempo. Tempo che invece potrebbe utilizzare per costruire un piano d’uscita dalla crisi».


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