Sicilia, «lievita» l’ufficio di presidenza E anche il M5S chiede più poltrone

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Ma, forse, il confronto con la Camera dove i 630 inquilini di Montecitorio sono «governati» da un ufficio di presidenza composto da 18 deputati ha fatto capire che era meglio soprassedere evitando pessime figure in tempi di forzata spending review.

E hanno dovuto farsene una ragione anche i 14 grillini che pressano più di altri per ampliare la rosa, convinti di esercitare un sacrosanto diritto come uno dei gruppi più numerosi a invocare un loro rappresentante nell’ufficio guidato dal presidente dell’Assemblea Giovanni Ardizzone. Per la verità uno l’avevano. Ed erano riusciti a piazzarlo come vice a fianco di Ardizzone, ma Antonio Venturino, un passato di attore fra Londra e Piazza Armerina, ha mollato Grillo e s’è tenuto la ricca diaria di circa 8 mila euro al mese che la Rete gli chiedeva di restituire. Un tradimento, per il capogruppo Giancarlo Cancelleri che adesso vuole un suo deputato nell’ufficio più ambito del Palazzo dopo aver chiesto invano le dimissioni di Venturino. Con l’effetto di provocare un ulteriore allargamento dell’organo già slabbrato dalla divisione di altri gruppi in gruppetti.

Ardizzone aveva infatti concesso tre deroghe, come il Regolamento interno gli consente, a gruppi che nelle migrazioni di maggioranze ballerine s’erano ritrovati con meno di 5 deputati. È il caso di Grande Sud, Cantiere popolare e Democratici riformisti che hanno fatto inserire nel consiglio Maria Luisa Lantieri, Salvatore Cascio e Salvatore Lo Giudice. Con queste tre new entry si è passati da 9 a 12, mentre si rischia di zompare a quota 14 con l’avance dei grillini e con l’analoga richiesta di Nello Musumeci, l’ex candidato malamente sostenuto dal Pdl e sconfitto da Rosario Crocetta nella corsa a governatore, anche lui prosciugato da fughe che hanno ridotto al minimo il suo gruppo.

Se passa l’idea che spetta un posto a ogni gruppetto di tre deputati o che si debba aggiungere un posto a ogni cambio di casacca c’è il rischio che prima o poi si arrivi ai 18 della Camera. No, Ardizzone giura che non sarà così, che «non si arriverà a 14 e che 12 sono già troppi», come diceva ieri sera rinviando il tema a martedì prossimo, deciso a restare «ligio alla norma interna», ma pronto a chiedere «una rivisitazione del Regolamento perché è ovvio che con 14 componenti ogni riunione rischia di diventare un’assemblea senza fine…».

Ma, lungaggini a parte, c’è chi fa i conti e scopre che ognuno di quei «posti» all’Assemblea costa circa 150 mila euro all’anno perché, tanto per fare un esempio, i tre segretari e altri tre di prima nomina, Antony Barbagallo (Pd), Orazio Ragusa (Udc) e Dino Fiorenza (Mpa), hanno diritto a una indennità di 2 mila euro, più 6 mila per gli addetti alla segreteria particolare e circa 3 mila per un «comandato». Il tutto da aggiungere ai 12 mila euro e passa spettanti ogni mese. Conti fatti e rifatti ieri alle 16.14 mentre in aula cominciava una seduta destinata a trasformarsi in un altro record visto che è stata chiusa alle 16.35. Ma occupando i primi 5 dei 21 minuti di lavoro alla ricerca di uno di quei sei segretari del consiglio di presidenza, tutti assenti. Tanto che s’è fatto avanti un volontario, Vincenzo Vinciullo, dissidente Pdl sospeso a Siracusa, in lite con Stefania Prestigiacomo: «Un segretario ci vuole. Che fare? Non è la prima volta». E un sorriso ironico corre alla miracolosa norma che realizza la presenza dei deputati assenti. Perché quei sei e altri 26 deputati, cioè tutti i componenti dell’ufficio di presidenza, capigruppo e presidenti di commissione, sulla carta, sono sempre presenti per definizione. E non soggetti alla trattenuta di 224,90 euro della diaria base di 3.500 euro. Una «multa» prevista per tutti, tranne per i 32 titolari beneficiati dal refrain «non si vede, ma c’è».

Felice Cavallaro


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