Putin aiuta Snowden «Asilo se smette di infastidire gli Usa»

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MOSCA — Nascosto da qualche parte nel vecchio terminal F dell’aeroporto di Sheremetyevo, Edward Snowden sta giocando le sue carte per venire fuori dalla difficilissima situazione nella quale si trova da quando è fuggito da Hong Kong. Ha chiesto asilo politico a 15 Paesi, tra i quali la stessa Russia. E Vladimir Putin sembra disposto ad ospitarlo permanentemente, «a condizione che cessi le sue attività indirizzate a danneggiare i nostri partner americani, per quanto strano questo possa sembrare sulle mie labbra». Ma Snowden afferma che continuerà a rivelare segreti degli 007 Usa «al servizio del pubblico interesse» e attacca Obama perché il presidente userebbe contro di lui «i vecchi e cattivi strumenti dell’aggressione politica». Per concludere: «Nonostante io non sia stato ancora condannato mi è stato revocato il passaporto, di fatto rendendomi un apolide: la cittadinanza come arma di ricatto».

Visto che l’Ecuador appare sempre più freddo sull’accoglimento delle richieste dell’ex informatico della National Security Agency (NSA) americana, l’opzione russa potrebbe non essere la peggiore. «Noi non consegniamo mai nessuno, al massimo abbiamo scambiato agenti dei nostri servizi segreti esteri con persone condannate in Russia», ha rassicurato il presidente russo che ha poi definito Snowden un «dissidente», paragonandolo addirittura ad Andrej Sakharov, il fisico perseguitato in Unione Sovietica dal Kgb di cui lo stesso Putin faceva parte. I tempi si fanno sempre più stretti, anche perché l’Fsb, successore del Kgb, sta lavorando assieme all’Fbi americana per risolvere il caso, secondo quanto avrebbero deciso i due presidenti. Notizia confermata prima della conferenza stampa di Putin dal segretario del consiglio di sicurezza Nikolaj Patrushev.

Snowden starebbe anche pensando a un ritorno a Hong Kong, dato che diversi esperti sono convinti che l’essere fuggito dall’ex colonia britannica dove esiste un sistema legale di vecchia tradizione, sia stato un errore. Lì alcuni legali sostengono che il fuggiasco potrebbe combattere contro la richiesta di estradizione Usa e magari chiedere l’appoggio dell’Alto Commissario Onu per i rifugiati. L’asilo politico russo, che è stato chiesto formalmente da Sarah Harrison, avvocato e collaboratrice del fondatore di WikiLeaks Julian Assange (anche se il servizio di immigrazione russo ha smentito tutto), potrebbe essere temporaneo. Uno strumento per lasciare l’aeroporto e raggiungere, magari, l’ambasciata dell’Ecuador o del Venezuela. Al terminal F, se ancora si trova lì, la vita non è certo particolarmente piacevole. Tra l’altro, è uno degli edifici più vecchi dell’aeroporto moscovita, costruito per le Olimpiadi del 1980. Certo, c’è l’hotel Capsule con stanze anche di dimensioni quasi norma- li (e accesso a Internet che Snowden sembra ritenere essenziale). Ma lì giurano che l’hanno visto solo al suo arrivo e che non ha mai preso una camera. Per il resto il terminal è molto squallido. Ne sa qualcosa Premgi Kharkishan, un profugo forse di nazionalità indiana senza passaporto, che vive a Sheremetyevo da dieci anni.

Naturalmente ci sono i negozi duty free, come l’Aerofirst con vodka e caviale o il chiosco di occhiali da sole e souvenir. Ma è poco probabile che questi possano interessare l’ex contractor della Nsa. Al terzo piano ci sono diversi ristoranti, oltre alle sale vip e a quelle per i viaggiatori assidui delle varie compagnie aeree. Ma al terminal F non si mangia certo bene, almeno secondo la testimonianza di chi lo ha frequentato a lungo. Dopo aver superato decine di viaggiatori del terzo mondo che dormono per terra in attesa di coincidenze intercontinentali, si raggiunge un vecchio self service russo, generalmente evitato da viaggiatori europei. Poi ci sono l’Irish Pub e il bar italiano Ritazza che vende panini, focaccia e delle misteriose «mesanula» (che siano mezzelune?). Non lon-tano, ma non è certo che Snowden la possa raggiungere, c’è la Cattedrale della Resurrezione di Cristo, dove padre Michele celebra pure matrimoni. Infine il «centro per la cura della paura di volare», con psicologi e una cabina d’aereo per esperienze virtuali.

Fabrizio Dragosei


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