TUTTI PAZZI PER LA RETE NOSTRA CROCE E DELIZIA

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Il web ci rende liberi. Alla fine del libro di Gianni Riotta, finalmente, il punto interrogativo del titolo ( Il web ci rende liberi?, Einaudi), cade. Cade per merito del cardinal Martini e di un incontro palpitante raccontato nell’ultimo capitolo. Ma come spesso accade, il bello è il viaggio non la destinazione. Perché Riotta ci fa attraversare trent’anni di storia di Internet, di come la rete ha modificato le nostre vite, in un caleidoscopio di ricordi, citazioni, aneddoti, riflessioni colte. E tormenti.
Il web ci rende liberi?, sebbene scritto con ironia e talvolta con allegria, è un libro sofferto. Gianni Riotta vi appare come un innamorato deluso. Entusiasta e attivista del web degli albori, e poi choccato davanti alla presa di coscienza dei limiti della rete, dei suoi pericoli, delle esagerazioni di una certa mitologia del digitale. Lui lo descrive così lo stato d’animo di chi è diviso fra «il piacere per avere in qualche modo dato una mano ai pionieri, essermi buttato avanti con speranza. Ma al tempo stesso la consapevolezza bruciante degli errori fatti, del pesante bagaglio che noi traghettatori ci portavamo dietro dal passato». E ancora: «Siamo smarriti nella rapidità del mutamento, perduti in un labirinto dove vero e falso si alternano furiosi, incerti tra web macchina del bene e fucina del male”.
Nel libro questo smarrimento è il filo conduttore che accompagna il lettore sballottato fra un proclama ottimistico di David Weinberger o di Clay Shirky e un allarme catastrofico di Eugeny Morozov o di Jaron Lanier. E il consiglio di Riotta è di attenersi alla prima legge sulla tecnologia, che lui definsice “mefistofelica”, promulgata dallo studioso americano Melvin Kranzberg: «La tecnologia in sé non è né buona né cattiva, eppure non è neutrale». “Nostra croce e delizia”, tutto dipende da noi, dall’uso che ne facciamo, dai contenuti che ci veicoliamo. Ed è sempre stato così, avverte
Riotta, anche con il telegrafo che era stato pensato per gli allarmi delle navi in mezzo al mare, o per la stampa che è diventata rivoluzionaria solo quando hanno smesso di stampare Bibbie in latino. Cosa che facciamo noi, quando usiamo Internet non per quello che è o potrebbe essere, ma per quello che eravamo abituati a fare. «Il museo della tecnologia morta sono io», scrive Riotta in uno dei passaggi più felici del libro.
Prima di arrivare al colpo di scena finale, l’incontro con il cardinal Martini, Riotta recupera dalla memoria due aneddoti sfavillanti. Il primo incontro di Indro Montanelli con il web; e la lezione americana in cui Italo Calvino immagina Wikipedia già nel 1985. Del primo Riotta è stato protagonista
diretto, perché fu lui a organizzare una dimostrazione di cos’era il web per il grande giornalista. Andò tutto bene, le schermate si caricavano rapidamente, e al termine Montanelli si disse entusiasta. A modo suo: «Meraviglioso. Il futuro. Non lo userò mai».
La lezione americana di Calvino che Riotta va a ripescare è invece “Molteplicità”. «Calvino profetizza il concetto di rete: “La grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo”. Per “tessere saperi e codici del mondo” non basta però la letteratura, e neppure la scienza, occorre uno strumento globale. È il web che Calvino vaticina, annunciandone il simbolo, la “rete”. A noi, “fantasmi cibernetici”, indica la strada. Quella che prende forma nei grandi romanzi del XX secolo è l’idea d’una enciclopedia aperta, aggettivo che certamente contraddice il sostantivo enciclopedia, nato etimologicamente dalla pretesa di esaurire la conoscenza del mondo rinchiudendola in un circolo. Oggi non è più pensabile una totalità che non sia potenziale, congetturale, plurima. Conoscete una definizione migliore di “enciclopedia collettiva” di questa, stilata trentaquattro anni prima di Wikipedia?».
Nel marzo del 2010 Riotta riceve un invito ad intervistare Carlo Maria Martini a Milano. E quell’incontro scioglie il dubbio sulla vera natura del web. L’anziano cardinale racconta di usare molto la rete, spesso Wikipedia, si dice incuriosito da Facebook e sommerso dalla email. E più in generale dice: «Sono piuttosto contento che i media ci siano, siano molto ampliati: io stesso ne faccio uso molto volentieri, quindi mi muove di più la fiducia che i media creino ponti tra la gente. Poi si possono anche usare male, però lo scopo di comunicare è molto bello». Per Riotta fu l’inizio di questo libro e la fine di un lungo viaggio.
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IL LIBRO
Il web ci rende liberi? di Gianni Riotta (Einaudi pagg. 160 euro 18)


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