Spie, Cina e Usa divisi ma il clima li unisce

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Ma la vera sorpresa del vertice tra Barack Obama e Xi Jinping è una buona notizia per l’ambiente: qui il summit di Rancho Mirage in California si rivela fruttuoso, con l’avvio della cooperazione per limitare le emissioni di gas idrofluorocarbonici (Hfc, l’acronimo usato in inglese). Il primo incontro bilaterale da quando Xi è diventato il numero uno cinese, si è chiuso com’era cominciato, in modo informale: senza conferenze stampa né solenni dichiarazioni congiunte. È toccato agli “sherpa” fare il punto dopo i due giorni di dialogo tra i leader delle superpotenze. Il tema più spinoso del momento era la guerra informatica, balzata in primo piano nell’attenzione pubblica soprattutto per il risvolto “domestico”: le rivelazioni sul massiccio spionaggio ai fini anti-terrorismo che l’Amministrazione Obama ha ereditato e rafforzato dai tempi di George Bush. Su questo piano il disaccordo Usa-Cina è rimasto totale. Più ancora che un disaccordo, non c’è stato neppure l’inizio di una conversazione autentica. Uno dei consiglieri di Xi, Yang Jiechi, ha respinto ogni accusa di spionaggio informatico, descrivendo la Cina come “una vittima” degli hacker. Obama da parte sua ha ammonito Xi che se continueranno i cyber-attacchi dalla Cina “questo sarà un serio ostacolo nelle relazioni economiche” (riferendosi soprattutto al furto di segreti industriali, brevetti e copyright).
Il vincitore a sorpresa è stato l’ambiente, con l’annuncio che Washington e Pechino aprono un tavolo di lavoro comune per la riduzione delle emissioni di Hfc.
L’intesa è tanto più significativa, in quanto l’ambiente era stato uno dei terreni più ostici nel dialogo Usa-Cina durante il primo mandato presidenziale di Obama. Proprio sul cambiamento climatico, Obama aveva subito una delusione cocente: al vertice di Copenaghen del dicembre 2009, era giunto con l’aspettativa di un’intesa coi cinesi, che gli avrebbe consentito di superare le resistenze interne e spianare la strada a un trattato Kyoto 2. A Copenaghen non ci fu nessun accordo. Obama si sentì beffato, subì quel “no” cinese a Copenaghen come un tradimento. Il suo rapporto con l’allora presidente Hu Jintao da quel momento divenne più diffidente. Perciò è un segnale promettente, che col successore di Hu il dialogo riparta bene proprio sull’ambiente. Certo, l’intesa abbozzata nel summit del Rancho Mirage non affronta il tema più importante, cioè le emissioni di CO², su cui le distanze sono ancora troppo grandi (e anche in America le resistenze della “lobby carbonica” al Congresso si sono rivelate finora insormontabili). I gas Hfc, usati dai frigoriferi e in certe schiume isolanti, sono tuttavia anch’essi una causa dell’effetto-serra, quindi contribuiscono al riscaldamento dell’atmosfera. Questi gas non sono oggetto dell’iniziativa Onu del 1992 sul cambiamento climatico (poi sfociata nel protocollo di Kyoto, 1997), ma furono affrontati in un contesto precedente, in seguito al protocollo di Montreal del 1987 dove si pose anche l’obiettivo di controllare quei componenti chimici che contribuiscono al “buco dell’ozono”.
Nel comunicato che le due delegazioni hanno messo a punto in California, si parla di “un nuovo passo per affrontare il cambiamento climatico”, con l’annuncio che “per la prima volta Stati Uniti e Cina collaboreranno per eliminare gradualmente il consumo e la produzione di Hfc. Una riduzione progressiva, fino all’eliminazione dei gas Hfc, potenzialmente può eliminare a livello globale 90 giga-tonnellate di equivalenti di CO² entro il 2050, ovvero l’equivalente di due anni di emissioni di gas da effetto-serra”. Il testo dell’accordo fa riferimento ai gas Hfc usati nei frigoriferi, negli impianti di aria condizionata, e altri macchinari industriali. Precisando che i gas Hfc non fanno parte di quelli che “bucano lo strato di ozono”, il documento ricorda però che essi esercitano un “potente effetto-serra”, quindi contribuiscono al cambiamento climatico. L’uso industriale dei gas Hfc è cresciuto proprio come un effetto collaterale e una conseguenza “perversa” del protocollo di Montreal, perché essi sono stati adottati come sostituzione delle altre materie chimiche messe al bando in quanto provocano il buco dell’ozono. Se la tendenza attuale non venisse contrastata, si legge nel documento congiunto, le emissioni di gas Hfc crescerebbero da qui al 2050 fino a rappresentare quasi un quinto di tutte le emissioni di diossido di carbonio.

 


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