Presidenzialismo, Alfano spinge Ma la svolta spacca la sinistra

by Sergio Segio | 3 Giugno 2013 6:30

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ROMA — È stata accolta «con acclamazione» dal Pdl e, primo fra tutti, dal segretario politico e vicepremier Angelino Alfano la battuta del premier, Enrico Letta, sulla necessità di cambiare «le modalità» per l’elezione del capo dello Stato. Perché ha subito fatto pensare ad un’apertura all’elezione diretta del presidente. Ma il Pd su questo argomento si spacca, con i «guardiani della Costituzione» attuale capitanati da Rosy Bindi.
Parla a margine della parata del 2 Giugno, gli argomenti all’ordine del giorno sembrano essere quelli sul Fisco, sulla riforma della Pubblica amministrazione, sul lavoro. Ma, a giornalisti ormai congedati, Alfano fa un mezzo balzo indietro quando qualcuno pronuncia la frase «eleggere direttamente il capo dello Stato». Un largo sorriso precede la rivendicazione della paternità dell’idea: «Noi lo diciamo da anni. Nella scorsa legislatura abbiamo pure presentato un disegno di legge in Senato». Meglio tardi che mai, sembra comunque ammettere: «Adesso anche nel Pd arrivano dei significativi spiragli. Se riuscissimo a farla, sarebbe una grande prova di democrazia» e uno strumento per «riavvicinare i cittadini alle istituzioni». Così, insomma, Alfano ha letto le dichiarazioni pronunciate da Letta nel corso del Festival dell’Economia di Trento. «La settimana vissuta a metà aprile per l’elezione del capo dello Stato con le regole della Costituzione vigente è stata drammatica per la nostra democrazia, non credo che potremmo eleggere il presidente ancora in quel modo lì».
Tanto è bastato, tuttavia, a sollevare gli animi del Pdl e nuove polemiche tra le file del Pd. Per Rosy Bindi il governo dovrebbe «concentrarsi di più» su altri accordi di maggioranza, per risolvere «i drammi economici» e sociali del Paese. «In particolare — ha aggiunto — sorprende che il presidente Letta abbia assicurato il superamento della modalità di elezione del capo dello Stato motivando questa scelta come garanzia per non rivivere mai più l’esperienza della faticosa rielezione del presidente Napolitano. Davvero non si può accusare la Costituzione di essere superata e inefficace per coprire gli errori dei partiti e soprattutto della classe dirigente del Pd».
Mentre il senatore del Pd, Nicola Latorre, dalemiano, si è espresso per il «sì». «Prevedendo i dovuti contropoteri — ha detto Latorre — una seria legge sul conflitto d’interessi, e con un sistema elettorale maggioritario a doppio turno di collegio, l’elezione diretta del presidente della Repubblica e la forma di governo semipresidenziale sarebbe da noi presa in seria e favorevole considerazione».
Critiche sono arrivate dal segretario di Sel, Nichi Vendola, per il quale il semipresidenzialismo è uno «sbandamento culturale». E anche dai costituzionalisti Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky arriva una forte stroncatura, da Bologna durante una manifestazione in difesa della Costituzione. Il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo è perentorio: «Si baloccano con il presidenzialismo mentre economicamente l’Italia affonda». Critiche anche dalla Lega. Il presidenzialismo? «Del tutto inutile», risponde il leader leghista Roberto Maroni: «Abbiamo appena eletto il presidente della Repubblica: è una riforma inutile, serve altro». «Al Nord — prosegue Maroni — serve lasciare qui i soldi, cancellare il patto di stabilità, abbassare la pressione fiscale sulle piccole e medie imprese».
In ogni caso, c’è ormai una discussione trasversale sul problema. Ieri sul Corriere Augusto Barbera, Angelo Panebianco, Arturo Parisi e Mario Segni hanno firmato una lettera-appello nella quale si invoca un movimento di cittadini che ponga mano a «un’iniziativa legislativa popolare per l’elezione diretta del presidente della Repubblica». E in settimana dovrebbero arrivare le indicazioni del governo per «il comitato dei saggi» chiamato ad accompagnare il lavoro del Parlamento.

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