by Sergio Segio | 21 Giugno 2013 9:40
Nel 2012 l’Unicef aveva dato con grande risalto[1] la notizia positiva che questo obiettivo era stato raggiunto e superato: alla fine del 2010 ben 6,1 miliardi di persone (l’89% della popolazione) hanno accesso alle fonti di acqua potabile. In venti anni, dal 1990 al 2010, due miliardi in più di uomini hanno potuto dissetarsi a reti idriche e pozzi controllati.
Guardando dal rovescio però ciò vuol dire che più di 700 milioni[2] non possono essere certi di bere acqua pulita, circostanza generatrice di malattie, povertà, denutrizione, mancanza di prospettive di sviluppo. Di questi quasi 200 milioni non sanno come trovare quotidianamente acqua potabile. Manco a dirlo questa popolazione di assetati abita in ben precise parti del mondo, in particolare nell’Africa sub sahariana. Secondo gli ultimi dati, diffusi nel recente documento Progress on Sanitation and Drinking-Water 2013 Update[3], pubblicato proprio da Unicef e da Who, per capire il problema acqua occorre guardare alle condizioni sanitarie generali che circondano l’approvvigionamento idrico: sotto questo aspetto ben 2,5 miliardi di persone non avranno garantiti servizi igienici adeguati, indispensabili per prevenire epidemie spesso devastanti.
Le risorse idriche globali affrontano vari tipi di minacce: incremento demografico, inquinamento, sprechi diffusi, effetti dei cambiamenti climatici (dalla desertificazione all’innalzamento dei mari), alterazione degli ecosistemi (dovuti anche alle opere dell’uomo), abbassamento delle falde. Imponenti progetti di gestione delle acque finiscono poi per sconvolgere ancora di più l’ambiente, mentre dighe e canalizzazioni esasperate fanno il resto.
Un altro dato interessante riguarda il fatto che chi vive nelle megalopoli, nonostante la miseria delle baraccopoli, è più avvantaggiato rispetto agli abitanti delle campagne: infatti l’83% dei “senza acqua potabile garantita” vivono in zone rurali.
Per sopperire a questa situazione sembrano più efficaci sistemi a prima vista artigianali, sicuramente però più naturali. Esiste una pianta, la Moringa oleifera[4], conosciuta benissimo dalle popolazioni agricole del sud del mondo dall’India all’Africa, che possiede significative proprietà nutritive e curative. Chiamata con vari nomi (da “albero della vita” a “pianta che non muore mai”), essa potrebbe essere una valida soluzione per i problemi della potabilizzazione dell’acqua. Sono i suoi semi a compiere questo prodigio. In un articolo molto interessante[5] delle ricercatrici Sue Nelson e Marlene Rau si legge tra l’altro: “C’è una proprietà della Moringa oleifera, in particolare, che sta scatenando la curiosità della scienza. Se macinati, i semi dell’albero possono servire per purificare l’acqua non potabile, rendendo così la pianta indispensabile per contrastare le morti – circa 1.6 milioni secondo i dati della Organizzazione Mondiale della Sanità – che ogni anno si registrano nel mondo a causa dell’acqua non adeguatamente sanitizzata per scarse condizioni igieniche.
La purificazione dell’acqua è un processo a due fasi: inizialmente, l’acqua è chiarificata, rimuovendo sostanze come minerali, o agenti come batteri, e particolato rappresentato da residui di pianta. Siccome non tutto il particolato sedimenta velocemente sul fondo, agenti coagulanti vengono impiegati per facilitare il processo di flocculazione; in questo modo, la massa può essere rimossa grazie ai filtri o attraverso il processo di sedimentazione. La seconda parte del processo di purificazione riguarda la disinfezione, per uccidere quei microrganismi patogeni che ancora sono presenti; si usano allo scopo: composti clorinati, ozono, idrogeno o raggi ultravioletti”.
La pianta è utilizzata nella prima fase del processo, tuttavia questo è sufficiente per purificare l’acqua rendendola potabile. Scrivono ancora le ricercatrici: “L’acqua necessita di diverse quantità di polvere di M. oleifera per avviare il processo di purificazione, a seconda della quantità di impurità presenti. Circa 50-150 mg di semi macinati servono per trattare un litro di acqua: come regola empirica, la polvere di un seme dovrebbe essere sufficiente per un litro di acqua molto torbida, o due litri di acqua leggermente torbida. Provare con piccole quantità di acqua in una brocca può aiutare a decidere le quantità adatte di polvere e i tempi ottimali di miscelazione”.
Questa pianta stuzzica pure gli appetiti dell’industria europeae pure italiana[6], in cui la Moringa è presentata come base di una nuova bevanda dissetante. Nei paesi africani si moltiplicano gli esperimenti[7] sul campo che sembrano andare nella direzione giusta: e se i semi di questa pianta contribuissero per davvero a dissetare interi villaggi e territori?
Piergiorgio Cattani[8]
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