M5S, i dissidenti sfidano Grillo

by Sergio Segio | 23 Giugno 2013 7:49

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ROMA — Stanno passando il week end a organizzare scontrini, i parlamentari a 5 stelle. Il tempo per la rendicontazione e la restituzione di metà dell’indennità base e dei rimborsi non spesi scade martedì. Entro giovedì tutti i conti dovranno essere fatti, perché quel giorno – a Roma – arriva Beppe Grillo. L’incontro è stato rimandato per settimane, ma questa volta viene dato per certo dagli uffici di comunicazione di Camera e Senato, che stanno lavorando alacremente a un grande Restitution Day da usare dal punto di vista mediatico per oscurare i malumori seguiti alla cacciata di Adele Gambaro e alla “fuga” di Paola De Pin .
Ma la “trappola” ordita dai falchi, alcuni dei quali speravano che il momento della restituzione fosse quello in cui i dissidenti avrebbero deciso di andar via, non sembra destinata a funzionare. Adriano Zaccagnini, principale indiziato alla Camera, dice chiaro: «Ho l’iban, sto finendo la rendicontazione di maggio, restituirò quel che devo ». Paola Pinna conferma di
aver già preparato i suoi conti, e di non aver nessuna intenzione di togliere il disturbo lunedì. Lo stesso vale per Alessio Tacconi, Walter Rizzetto, Aris Prodani, Tommaso Currò. Ancor più, il discorso tiene a Palazzo Madama. «Chi potrebbe lasciare sono alcune schegge impazzite – confida un senatore – non noi che abbiamo imparato a fare le nostre battaglie da dentro».
In effetti, la situazione del Senato è particolare: nel derby Nicola Morra-Luis Orellana il candidato dei falchi ha vinto ed è diventato capogruppo per due soli punti di vantaggio. Durante l’assemblea in cui si parlava di Adele Gambaro, tra i suoi colleghi la maggior parte non l’avrebbe mai mandata via. E l’aver dovuto subire la decisione dei falchi della Camera ha reso ancora
più agguerriti i dialoganti del Senato: non andranno via, perché sono certi che presto riusciranno a condizionare il gruppo.
Non è una questione da poco, in un momento in cui si accendono i primi veri contrasti tra Pd e Pdl al governo. Avere presa sul gruppo significa poter essere decisivi nel momento in cui si tornasse a parlare di una nuova maggioranza, e di un esecutivo
di segno diverso. È al Senato che servono i voti, è lì che si potrebbe trovarli. Nessuno si azzarda a dirlo così chiaramente, ma i dialoganti: si sentono più forti. «Non credo proprio che uscirà nessuno», dice Lorenzo Battista. «Confermo che non abbiamo nessuna intenzione di andar via», gli fa eco Francesco Campanella. Che spiega: «Nei giorni scorsi ho avuto come l’impressione che qualcuno cercasse di seminare zizzania, parlando addirittura dello statuto di un nuovo gruppo. Quello della De Pin è un caso personale». Quanto a Monica Casaletto, «magari ha espresso disagio, ma la sua intenzione – piuttosto che uscire – è quella di ridurre il disagio». La senatrice lombarda in effetti nega tutto: «Smentisco categoricamente di essere la “prossima” a voler uscire dal M5S – scrive la Casaletto – e di voler venir meno a qualunque impegno sottoscritto ».
E quindi, una volta nella capitale, Grillo (che potrebbe essere accompagnato da Casaleggio) troverà un gruppo meno intimidito di quanto possa immaginare. Forse per questo, il suo atteggiamento degli ultimi giorni si è notevolmente ammorbidito. Almeno nei confronti dei suoi. L’obbiettivo delle ultime ore è la stampa: «Pentitevi», ha detto ieri ai giornalisti colpevoli di «diffamare » il Movimento, paragonando l’intero sistema dell’informazione – tv in primis – a un universo mafioso che avrebbe preso di mira i 5 stelle per fare gli interessi dei potenti.

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