Le (ex) bandiere Emilia e Sicilia epicentro della crisi

by Sergio Segio | 13 Giugno 2013 6:15

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E ora tra polemiche, allontanamenti e discussioni continue, quelle stesse strategie che hanno portato i Cinque Stelle a essere il partito più votato in Italia (esclusi i nostri connazionali all’estero, ndr) sono diventate oggetto di critiche, di riflessione interna. Parole messe alla berlina, come ha fatto Adele Gambaro: «Stiamo pagando i toni di Beppe Grillo, la sua comunicazione sbagliata, che viene dal blog».
Il leader Cinque Stelle ha fatto dei post e della sua linea sempre sopra le righe una ricetta vincente. Con migliaia di commenti già all’epoca della manifestazione bolognese del 2007. Insieme ai seguaci del web, sono aumentati in modo esponenziale i voti. Fino alle ultime Amministrative. L’esempio più lampante, forse, è Treviso. Qui nel 2008 i meet-up (ancora non esisteva il Movimento) presero un consigliere e 1.662 preferenze, lo scorso febbraio Grillo conquistò la folla con i comizi e ottenne 11.578 voti, crollati a 2.533 (senza consiglieri eletti) nel giro di novanta giorni. Novemila voti in meno difficili da giustificare solo con l’astensionismo, che coinvolge comunque tutti i partiti.
Finora i Cinque Stelle erano sempre cresciuti, superando ogni prova. E anche le critiche dei media. Come nel caso della roccaforte Parma. Nonostante le avversità del suo primo anno a Cinque Stelle, il Movimento dalle Comunali 2012 alle Politiche ha guadagnato oltre 16 mila voti (dal 19,9 al 28,1%). Federico Pizzarotti all’epoca era soddisfatto: «Alla fine i risultati stanno pagando». Ma ora sembrano proprio i due territori simbolo, l’Emilia Romagna e la Sicilia, a metterne in crisi l’identità e a chiedere — implicitamente — una svolta.
La senatrice Gambaro è stata eletta nella Regione del V-day, dei primi successi, quelli delle Regionali 2010 (a Bologna i pentastellati sono saliti dall’8,1% di quell’anno al 19,1% di febbraio) e delle Amministrative 2012 (con il successo anche a Comacchio e il ballottaggio perso a Budrio), ma anche delle prime crepe con le espulsioni di Valentino Tavolazzi, Raffaella Pirini, Federica Salsi e, soprattutto, Giovanni Favia, per anni considerato l’astro nascente dei Cinque Stelle. Ora Gambaro potrebbe seguirne lo stesso destino o provocare una crepa forse insanabile tra i parlamentari.
Diverso il discorso per quanto riguarda la Sicilia. Le Regionali di ottobre erano state il trampolino di lancio del Movimento, un trionfo con oltre il 18% (368 mila voti). Nella memoria le immagini di Grillo che attraversa a nuoto lo Stretto e fa il segno della vittoria. Un presagio, forse. «Non siamo venuti a elemosinare voti», dice. Immagini lontane dalle polemiche di qualche giorno fa e dai risultati ancor più eclatanti delle Politiche con il 34,5% e il 32,6% nelle due circoscrizioni insulari per Montecitorio. Ad Alcamo addirittura il picco: 12.358 preferenze pari al 48,09%. Da allora in Parlamento la falange di deputati e senatori siciliani si è fatta sentire spesso, rivendicando una certa autonomia di pensiero, come nel caso del sostegno alla candidatura di Pietro Grasso alla guida di Palazzo Madama o di alleanze politiche con il Pd. Malumori che hanno lasciato il segno sull’isola, dove nel frattempo è stato anche espulsa una delle figure di spicco dei pentastellati all’Ars, Antonio Venturino.
Malumori che si sono tradotti in realtà in queste Amministrative. Fatto salvo il ballottaggio raggiunto a Ragusa (il candidato sindaco Federico Piccitto al 15,64% e i Cinque Stelle al 9,63%), il Movimento è andato molto al di sotto delle aspettative. «Poteva andare meglio», hanno commentato i grillini siciliani. I numeri rendono più chiara l’idea: a Catania si è passati da 47.911 voti a 5.869, a Messina da 32.443 a 3.192. Percentuali basse, in molti casi tra il 2 e il 4%, anche in centri minori come Capaci (174 preferenze), Paceco (301), Leonforte (386). I Cinque Stelle sono riusciti a entrare in una decina di Comuni. Tra questi spicca Acate (cinque consiglieri e il 18% dei voti), nel Ragusano: a febbraio il Movimento era al 41,5 per cento.

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