LA SINDROME DI WEIMAR
BERLINO. «La sinistra deve ritrovare il coraggio d’essere creativa come ai tempi di Willy Brandt e di Olof Palme, per affrontare le cupe sfide attuali alla democrazia. E gli intellettuali progressisti devono uscire dal loro assordante silenzio. Se altrimenti finirà male, non si potrà dire “non è stata colpa mia”». Il monito, facile indovinarlo, è di Günter Grass. In un dialogo-contraddittorio con il candidato Spd alla Cancelleria Peer Steinbrück nella sede del partito, a meno di tre mesi dalle elezioni, il Nobel è tornato in campo. Proponendosi come ispiratore e critico scomodo, dalla lingua spietata. Ecco il suo dialogo con Steinbrück, moderato dal più famoso leader Spd dell’Est tedesco, Wolfgang Thierse.
Thierse: Günter, oggi torni in campo. Quando e come decidesti negli anni Sessanta di schierarti con Brandt?
Grass: Quando lui, borgomastro di Berlino Ovest che lottava in piazza a fianco di Kennedy contro il Muro della vergogna costruito dall’Est, venne diffamato dal “cristiano” Adenauer come “figlio illegittimo” ed “esule”, perché Willy fu partigiano in Norvegia. Dovetti superare un duplice scoglio interno, per decidere di propormi a lui come intellettuale impegnato. Lo scoglio dell’ammirazione infinita che io – in gioventù stupidamente sedotto dal nazismo, militare nelle Ss, convinto fino all’ultimo nella vittoria finale del Reich – provavo per lui che in guerra, al contrario di me, aveva già capito come doversi schierare, e che cosa il conflitto in cui io credevo avrebbe provocato alla Germania e al mondo. Avevamo entrambi i media contro: lui per la coerenza di sinistra e la Ostpolitik, io perché considerato un anarchico: i miei punti di riferimento non erano i classici, bensì Albert Camus e Jean-Paul Sartre.
Thierse: Peer, quando iniziò la tua militanza?.
Steinbrück: Nel ’69, poco dopo che Grass aveva fondato l’iniziativa pro-Spd degli intellettuali in campagna elettorale. Fu un segnale
grande. Gli intellettuali portarono al fianco della Spd lo Zeitgeist, lo spirito del tempo della società. Ci vorrebbe anche oggi, per la sinistra in Germania e in tutta Europa.
Thierse: Günter, come immaginavi e immagini il ruolo dell’intellettuale impegnato di sinistra?
Grass: Un ruolo di voce scomoda, sempre capace di dire le cose più spiacevoli. Una voce critica: allora saltando la siepe dell’ammirazione sconfinata per Brandt, e critica più che mai oggi contro i troppi silenzi e ritardi della sinistra democratica europea. Allora cercavo di star vicino a Brandt anche nei momenti di depressione. Ma lui aveva una statura che troppo spesso ai leader politici di oggi manca, anche a sinistra. Resisteva alle diffamazioni,
ebbe l’idea geniale della Ostpolitik, mano tesa a Polonia e Urss restando fedele alleato degli Usa. Scrisse per l’Onu il profetico Rapporto Nord-Sud, che la sinistra dovrebbe ancora rileggersi oggi. Lui vedeva lontano, capì allora che il divario crescente ricchi-poveri avrebbe portato guerre e terrorismo. Ecco di quali visioni, di quali capacità di avvistare problemi in tempo, sento oggi la mancanza a sinistra. E al tempo stesso c’è bisogno del suo grande pragmatismo nell’azione quotidiana di governo. Ecco perché voglio essere una voce amica, ma molto scomoda per la sinistra europea.
Steinbrück: Ma non sempre Brandt seguì i suoi consigli. Che si aspetta dalla sinistra attuale?.
Grass: Insisto, non sono né hegeliano né un idealista tedesco, furono le polemiche tra Sartre e Camus a formarmi. Il tema sono le
scelte necessarie: la sinistra come Sisifo, oggi al pari di allora.
Steinbrück: Insomma, Grass voleva e vuole essere consigliere, mentore, mugugnone, tutto insieme. Può e potrà essere molto irritante. Ma con Brandt mostrò come politici e intellettuali possono condurre un pas-de-deux.
Quel tipo di pas-de-deux con gli intellettuali cambiò la Spd. Io mi auguro un nuovo impegno degli intellettuali nel dibattito politico, nella Germania d’oggi. Non lo vedo, purtroppo per la sinistra. L’ultimo grande impegno pubblico degli intellettuali tedeschi fu la querelle degli storici sulle tesi di Ernst Nolte sul nazismo. Oggi pesa il loro silenzio, anche su quel grande ideale di Brandt, una Germania buona amica di tutti i vicini, ideale oggi rovinato dall’inflessibile rigore che Angela Merkel cerca di imporre a tutti. In una Germania dove le disuguaglianze sociali si aggravano. Queste sfide, le carenze di noi politici di sinistra e i silenzi degli intellettuali possono minacciare di strappare alla sinistra la sua aspirazione originaria a essere la voce della modernità.
Grass: Ha ragione, i rapporti con i partner europei sono al peggio, la sinistra anche su questo dovrebbe dire di più. Merkel ha una doppia formazione: prima abituata ad adeguarsi per opportunità quando era nella Fdj, la gioventù comunista dell’est, poi alla scuola di tattica del potere ai tempi di Helmut Kohl. Anche il compito di ricostruire i rapporti in macerie con i partner è una sfida per la sinistra in un’Europa e in un mondo dove il rigore, lo strapotere delle lobbies sui Parlamenti, le nuove povertà, allontanano molti elettori e anche noi intellettuali. Weimar cadde perché solo due partiti, Spd e Centro, e troppi pochi cittadini vollero difenderla, non dimentichiamolo.
Steinbrück: Insisto, perché tanti intellettuali rifuggono dall’impegno?
Grass: La generazione mia e di Brandt fu scottata dal nazismo, dalla guerra, dai crimini tedeschi. Oggi s’allontana la memoria del terribile interrogativo di allora, perché una società civile come Weimar cadde sconfitta dal nazismo. Il motivo principale fu che, appunto, pochi la difesero. Anche pochi intellettuali, salvo Tucholsky e qualche altro. Scrittori e intellettuali di oggi sono cresciuti in tempo di pace, non hanno vissuto quelle memorie.
Lo stesso vale per i politici. È necessario impegnarsi, ripeto. Per la giustizia sociale, contro lo scandalo della crescente povertà che colpisce anziani e tanti giovani, anche nella ricca Germania. Battersi per un’Europa che diventi politicamente legittimata, con poteri eletti e in equilibrio tra loro. Osare più democrazia, lo slogan con cui Brandt vinse, deve tornare valore centrale della sinistra in tutta Europa. Ripetere parole, frasi, concetti è letale per il letterato, ma indispensabile in politica. La crisi dell’Europa tra povertà e sfiducia nella politica non deve per forza far scoccare l’ora dei nazionalismi populisti, può far scoccare l’ora delle socialdemocrazie. Dobbiamo riuscirci.
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