La protesta dell’Uomo in piedi ecco l’ultima sfida a Erdogan

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ISTANBUL. Quante immagini plastiche ci ha regalato la rivolta laica della Turchia. La prima è quella della ragazza con la giacca rossa, ferma come il passante impavido di Piazza Tienanmen davanti al carro armato, lei qui immolata agli idranti lanciati dalla polizia. Poi è venuto il pinguino con la maschera antigas, dissacrante presa in giro di un’importante tv locale, che nel momento della repressione a suon di lacrimogeni invece di mostrare Piazza Taksim nel fumo, per autocensura diffondeva documentari sui teneri acquatici. L’ultima foto che ora fa il giro del mondo è quella dell’Uomo in piedi, un giovane coreografo di Istanbul: Erdem Gunduz. L’altra sera si è fermato nel piazzale simbolo della protesta contro il premier islamico Tayyip Erdogan, e trasformandosi in una muta statua umana ha cominciato a fissare l’enorme stendardo rosso con il ritratto del fondatore della Turchia moderna, Mustafa Kemal, cioè Ataturk, ispiratore dei laici. Lo ha fatto senza muoversi, per 6 lunghe ore.
Una protesta solitaria e geniale nella sua semplicità, perché ha superato di colpo i divieti di assembramento emanati dalle autorità dopo le durissime repressioni di Piazza Taksim e del vicino Gezi Park. La gente ha capito. E ha subito protetto l’artista mettendosi ai lati. Alla fine gli agenti lo hanno comunque portato via, non sapendo nemmeno bene loro sulla base di quale accusa.
E’ stato lì che la contestazione, da solitaria, si è fatta comune. Una, dieci, cento persone hanno imitato Gunduz. Anche loro, come l’Uomo in piedi hanno assunto la posa muta, irrigidendosi, lo sguardo fisso sul Padre della patria. E il tam tam delle reti sociali si è messo in azione.
Un fiume in piena. Perché per tutta la giornata, migliaia di angeli, di statue mute e irate, apparivano come per magia qui e là a Istanbul. Alcune nel quartiere di Sisli, davanti alla redazione del giornale turco-armeno Agos, dove nel 2007 era stato ucciso il direttore Hrant Dink, altre davanti al Tribunale. Ad Ankara, la capitale, i curdi si trasformavano in statue di sale davanti al Parlamento.
Così anche a Smirne, Antalya, Antiochia, Sivas. Migliaia di persone immobili, silenziose, arrabbiate. Una sfida muta e accusatoria contro Erdogan.
«Esprimo un dolore», ha scritto Gunduz, il coreografo provocatore, su Twitter.
Da oggi la protesta ha una formidabile arma in più. Perché l’immagine dell’Uomo in piedi va insieme a quella della nonna che lancia la fionda sui blindati; al pianista tedesco di origine italiana Davide Martello che porta il suo strumento a coda nella piazza della contestazione; all’artista turca Sukran Moral, storica attivista dei diritti umani, arrivata a incidersi la pancia con una lametta facendo scorrere sul suo corpo rivoli di sangue per simboleggiare tutte le vittime.
Chi ha organizzato questa protesta?, chiediamo agli angeli della rivolta. «Nessuno. Tutti», rispondono le statue immobili di Piazza Taksim. A piegare l’impatto di pallottole di gomma e manganelli veri, in Turchia c’è ora una nuova forma di disobbedienza civile. Un atto spontaneo, senza leader, forse travolgente.


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