La fronda si allarga a 30-40 eletti Un gruppo pensa alla scissione

by Sergio Segio | 12 Giugno 2013 8:56

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MILANO — Effetto Titanic. Un iceberg improvviso capace di disgregare il gruppo. Le parole di Adele Gambaro, ascoltando i parlamentari Cinque Stelle, hanno la forza del colpo che non ti aspetti. E che potrebbe far vacillare gli equilibri (precari). «Dimessa, tranquilla» sono gli aggettivi più ricorrenti per descrivere la senatrice. Anche per questo le sue parole sono suonate come «un fulmine a ciel sereno», sostiene un collega a Palazzo Madama. Parole però meditate, al punto che — secondo quanto riferiscono fonti vicine al Movimento — incalzata da alcuni parlamentari per correggere il tiro, Gambaro avrebbe confermato la sua posizione con tenacia.
Tra i Cinque Stelle ci si interroga. Anche sulla reazione di Beppe Grillo. In serata, il vertice tra senatori «per un confronto, non un processo», indetto per chiarire la direzione dei parlamentari. Si va verso un bivio pericoloso. Aprire l’iter per l’espulsione potrebbe scoperchiare tutti i malesseri interni al gruppo. La faglia dei delusi, ossia dei dissidenti ma anche di coloro che sempre più spesso si trovano costretti ad abbozzare una linea che condividono solo in parte, si è allargata. Da quindici-venti persone in tutto a trenta-quaranta, con stime in ulteriore crescita. Un’accelerazione improvvisa nelle ultime settimane, con motivazioni che, secondo alcuni, si «rispecchiano nella presa di posizione della senatrice»: i post sulle istituzioni, le scelte dettate dai fedelissimi.
Il voto di ieri sul nuovo capogruppo al Senato con i parlamentari divisi in due schieramenti quasi uguali è la prova della ricerca di alternative all’interno del gruppo, diverse da quelle tenute finora. E proprio la scelta di non cambiare potrebbe essere tra le motivazioni che hanno spinto Gambaro — a distanza di qualche manciata di minuti dalla votazione — a fare il suo intervento ai microfoni di Sky. Ipotesi, solo ipotesi. L’unica certezza, per ora, è che a finire travolta è la comunicazione. «Facciamo una grande fatica per veicolare i nostri discorsi ai contenuti e questi episodi spazzano via tutto il lavoro di giorni in un attimo — sbotta Claudio Messora, responsabile dello staff Cinque Stelle al Senato —. La diretta streaming per l’elezione del capogruppo è stata un successo, ma non se ne parlerà. Se ognuno dice quello che pensa senza seguire una logica di gruppo finiamo solo per essere autolesionisti». Sul caso Gambaro Messora è secco: «Se gli stessi toni e le stesse battaglie che hanno portato 163 parlamentari nelle istituzioni ora infastidiscono, bisogna chiedersi per quale motivo continuare a stare nel Movimento».
Uscire dal pantano, ora, però, sembra sempre più complesso. Più probabile che si vada verso una frattura. E un eventuale iter per l’espulsione della senatrice potrebbe essere la classica goccia che fa traboccare il vaso. In questo caso — immaginano fonti vicine al Movimento — la discussione potrebbe portare allo scoperto un gruppo di persone, un nucleo che si staccherebbe in modo traumatico dando vita, numeri permettendo, a gruppi parlamentari autonomi. Uno scenario apocalittico per i Cinque Stelle, che molti vorrebbero evitare. Una soluzione caldeggiata sarebbe quella di dimissioni «volontarie» di Gambaro, seguendo quelle indicazioni che lei stessa aveva posto nel suo curriculum. «Penso a un parlamentare che nel caso non fosse più in sintonia con il M5S, grazie al quale è stato eletto, la sua base, i suoi principi, semplicemente si debba dimettere», scriveva in vista delle Parlamentarie. Sei mesi fa e prima di un’esternazione dai toni accesi. Ora per lei e per i parlamentari il dado è tratto. I nodi verranno al pettine presto, in pochi giorni, forse in tempo per il consueto vertice con Grillo, che si dovrebbe tenere nel giro di una settimana. Una riunione che mai come ora si preannuncia infuocata. Intanto, c’è chi difende il leader: «Queste prese di posizione contro Beppe — dice la deputata Giulia Sarti — non ci fanno che male. Sono un modo di deresponsabilizzarci: i problemi sono nostri, del gruppo, e noi dovremmo essere i primi a volerli risolvere confrontandoci».

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